Ebrei e arabi, l’arte del dialogo

masksoff“‘Beresheet’ è la parola con la quale inizia la Torah, significa ‘In principio’. Beresheet La Shalom è il nome della nostra fondazione e significa ‘Un inizio per la pace'”. Si presenta così il progetto, fondato più di dieci anni fa da Angelica Edna Calò Livne, che si propone di utilizzare l’arte e il teatro come strumenti per il dialogo e il confronto e che fa lavorare insieme sul palco giovani ebrei, musulmani e cristiani favorendo l’educazione alla convivenza e alla pace. Un impegno concreto e quanto mai significativo alla luce delle tensioni di questi ultimi mesi, che è valso alla sua fondatrice una candidatura al Premio Nobel per la Pace nel 2005 e che nelle prossime ore raggiungerà una nuova volta l’Italia.
Sabato sera infatti gli attori di Beresheet sbarcheranno a Firenze e si esibiranno al Teatro Puccini (ore 21) nel corso di una serata organizzata dalla comunità ebraica locale e supportata dal Comune di Firenze, da Coop Culture e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Domenica 18 la compagnia teatrale si sposterà poi a Roma in occasione del Premio letterario Adelina Della Pergola istituito dall’Adei Wizo e sarà protagonista di tre momenti differenti: domenica alle 20.30 lo spettacolo andrà in scena al Palazzo della Cultura, lunedì alle 10 ci sarà un workshop per gli studenti al liceo Morgagni e martedì gli attori si esibiranno nuovamente al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II dopo l’incontro con la vincitrice della categoria dedicata ai lettori più giovani, Lia Levi. Sulle colonne del nostro notiziario quotidiano Angelica Edna Calò Livne ha commentato così la missione che la porta in giro per il mondo con i suoi ragazzi: “Leggo i messaggi sui social media e vedo la disperazione di tutti per ciò che sta succedendo in Israele. Penso che non ci sia hasbarah migliore dei volti di quindici ragazzi che, insieme, ebrei e arabi, da tutto Israele, raccontano in prima persona con suoni, canti, danze e preghiere la tragicità dei momenti che stiamo vivendo e portano nello stesso tempo un messaggio profondo e inequivocabile di speranza”.

(16 ottobre 2015)