Cosa è cambiato
Due mesi fa, il 20 agosto, a quest’ora stavo terminando il mio test settimanale all’Ulpan (scuola intensiva di ebraico) dell’Università di Tel Aviv. Il pomeriggio – in agenda non ho segnato nulla – credo di essere andato al mare, poi essere passato per il mercato comprando qualcosa e infine aver preso un aperitivo in omaggio al weekend incipiente. Oggi non sarebbe stato lo stesso. Alla fermata del 13, il mio autobus di riferimento, non si può essere stralunati come chi si è svegliato troppo presto: bisogna fare molta attenzione a chi si avvicina, nel timore che nasconda un coltello in tasca. E poi si scrutano gli altri passeggeri, immaginando chi di loro può essere armato e reagire nell’emergenza. Con questi moti dell’animo si viaggia oggi in Israele, avvolti da una diffidenza surreale e mefitica, che cresce in proporzione alla vicinanza con un villaggio o un quartiere arabo. In poche settimane tutto è di nuovo irrimediabilmente cambiato. In Medioriente funziona così: la fiducia negli altri, e il benessere, fioriscono lentamente. Il disastro invece arriva di corsa. Ricordo i volti di chi prendeva il 13 tutte le mattine – una signora elegantissima e indolente, l’ultimo giorno le ho fatto i complimenti – e penso a quanto il terrorismo sconvolga le loro esistenze. E a quanto tutto ciò sia difficile da comprendere per chi sta altrove, magari a sputare sentenze. Che D-o ci, e li, protegga.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(20 ottobre 2015)