Leggeri e felici

Valerio Fiandra “Sarò Breve”. L’abbiamo sentito spesso, e ogni volta tremiamo rassegnati alla smentita, nei fatti, della promessa. Del resto, lo sappiamo: la tacitiana brevitas è fuori moda.
“Solo bagaglio a mano”, di Gabriele Romagnoli (Feltrinelli) però, in meno di cento pagine di formato medio, dimostra che chi ha davvero qualcosa da dire lo può fare anche con poche parole.
È un libro breve, infatti, che si fa leggere in poco più di un’ora, ma che può condizionare favorevolmente la nostra vita intera. Insegna a vivere meglio con meno, e senza sentirsi né miseri né insoddisfatti.
Lo fa a partire da una esperienza scioccante dell’autore, che – volontariamente – ha vissuto la messa in scena del proprio funerale; foto, testamento, vestaglia senza tasche – come “l’ultimo vestito” di tradizione napoletana, bara chiusa e lui dentro, per ore, al buio: il posto adatto – scrive Romagnoli – “per cominciare a raccontare quel che ho pensato e imparato da morto”.
‘Tornato in vita’, il giornalista e scrittore bolognese decide di scrivere una specie di manuale di sopravvivenza: con un linguaggio crudo e vivace, passa in rassegna i frequenti casi in cui il Tanto e il Troppo appesantiscono il nostro bagaglio nel corso del viaggio della nostra vita.
solo bagaglio a mano Le domande alle quali il libro cerca di rispondere sono “Dove lo metti?” e “A cosa serve ?”, quest’ultima la stessa che papà Romagnoli gli rivolse quando apprese dell’ennesimo cambio di indirizzo di Gabriele. Le risposte sono molte, ma il loro comune denominatore è lo stesso: valigie piccole, per vivere da vivo.
Consiglia traslochi, anche non soltanto fisici; suggerisce il trolley, Romagnoli, prendendo esempi dalle biografie di Sting, del Generale Custer, di guru della comunicazione; da Giobbe e altri personaggi biblici; da scelte di vita di vittime di crolli finanziari o emotivi, di terroristi, di un africano che sfugge ai cecchini, di parenticidi, di un fotografo celebre, di un suo amico dall’adolescenza.Tutto il libro è infatti un album di fotografie che si animano, e che potrebbero anche essere quelle scattate a noi, perché le esperienze che raccontano – casi solo in parte estremi – ci hanno riguardato tutti almeno una volta. E se pensiamo di no, beh, forse abbiamo qualche problema, forse siamo già un po’ morti.
“Non ingombrare, non essere ingombranti, non lasciarsi ingombrare” è la triplice coniugazione del consiglio che “Solo bagaglio a mano” propone, per vivere una vita onesta, responsabile e felice. Perché se è esatto il risultato del sondaggio citato nel libro – secondo il quale chi vive ottant’anni ne passa 23 a dormire, 20 a lavorare, 6 a mangiare, 5 a bere e a fumare, altri 5 aspettando un appuntamento, 4 a pensare, 228 giorni a lavarsi la faccia e i denti, 26 giocando con i figli, 18 a farsi il nodo alla cravatta e, da ultimo, 46 ore di felicità – alleggerirci ci arricchirà: ci darà – e noi daremo a chi ci sta vicino – almeno un’ora in più di quella felicità che diciamo spesso di desiderare, ma cui facciamo poco caso anche quando c’è.
Anzi – esageriamo ? – due. Così facciamo 48, che è come dire il doppio di una valigetta da manager di questi nostri tempi frettolosi, pesanti, inquieti: grassi, ma spesso vuoti.

Valerio Fiandra

(22 ottobre 2015)