Setirot
Sofferenze attuali
“L’amicizia è la vera patria”, edito da Castelvecchi, è la raccolta delle lettere mai tradotte in italiano che Joseph Roth e Stefan Zweig si scrissero tra il 1933 e il 1938. Anni bui e cupi per l’Europa, a maggior ragione per molti intellettuali, ancor più se – come loro – ebrei. Ma al di là dell’interesse per i ragionamenti e i pensieri che i due amici si scambiano, colpisce e fa riflettere la grande differenza di carattere, soprattutto di fronte all’emergenza e all’incalzare della barbarie. Chiunque abbia amato le pagine di entrambi gli scrittori già conosceva il piglio fumantino, rabbioso, corrosivo di Roth, così diverso dallo Zweig certamente più disilluso e forse più remissivo. Eppure sono dialoghi che possono far risuonare nelle nostre menti e nei nostri cuori contrapposizioni e sofferenze a volte anche assai attuali. Come quando, l’8 ottobre del 1937, Joseph Roth scrive al compagno di disavventura (si davano, ovviamente, del lei): “E questo non capisce: che non sono pieno di odio per la durezza dei tempi. Come se lei fosse pieno di amore solo perché se ne sta lì in silenzio! (…) Niente articolo? Perché niente articolo, se può servirmi a porre fine alle porcate di qualche canaglia? (…) Perché non essere implacabile? Implacabile era Mosè, quando infranse le tavole della Legge. Se non avesse voluto convincersi di ‘essere diverso’ non ci sarebbero stati i dieci comandamenti…”. E Zweig, due giorni dopo: “Roth, amico, fratello, dobbiamo sbattercene di tutto questo! Leggo una volta alla settimana il giornale e ne ho abbastanza delle bugie di tutti i Paesi. L’unica cosa che faccio è cercare di aiutare qui e là qualcuno; intendo non materialmente, ma a lasciare la Germania o ad andare in Russia, o ad aiutare persone che hanno altri bisogni e necessità”.
Stefano Jesurum, giornalista
(22 ottobre 2015)