Oltremare – HaTikwa

danielafubini2Quest’anno hanno iniziato prestissimo, già a inizio anno ebraico, in corrispondenza con l’inizio delle violenze, di quella che viene chiamata “Intifada dei coltelli” o “Intifada dei singoli”, o “Non chiamatela Intifada!”, a seconda di chi parla o scrive. Il ventesimo anniversario dell’assassinio di Yitzhak Rabin è iniziato prima di metà settembre, ma le cerimonie, di stato o di piazza, sono di questi giorni. Tutti a dire quanto ci manca, tutti a contare gli anni e a ricordarsi dove si era, che cosa si stava facendo, quel sabato sera del 4 novembre di vent’anni fa.

E sembra un po’ contraddittorio, con la corsa alla bomboletta di spray al pepe, pensare che il 31 ottobre decine di migliaia di persone si ritroveranno come ogni anno in Kikar Rabin. L’estate scorsa, in un momento di altrettanta mancanza di sicurezza, le manifestazioni erano state vietate. All’epoca, il motivo era che in caso di sirena antimissile, chi era in piazza non avrebbe avuto abbastanza tempo per correre in un rifugio. A pensarci oggi, paiono passati decenni, e lo stesso viene la pelle d’oca.

Durante la crisi attuale non ci sono sirene da allarme rosso, non si contano i pezzi di missili caduti nei giardini e davanti alle scuole, ma la sicurezza personale non è in condizioni migliori. Eppure in piazza ci si va, esattamente come si va a teatro o al cinema, e ci si siede nei ristoranti, che, come sa chiunque sia stato in Israele, sono composti molto più da dehors che di sale interne. Anche questa è resistenza.

Quindi fra una settimana la Kikar si riempirà di nuovo. Parleranno i politici, canteranno i cantanti. Nessuno applaudirà, come sempre quando si tratta di una commemorazione. Alla fine tutti canteremo “Shir la-Shalom”, pensando al foglio insanguinato che si può vedere oggi nel Museo Rabin. E quando suonerà l’”Ha-Tikva”, può darsi che per allora un qualche genere di speranza si sia prodotta, almeno in quelli che sono in piazza.

È lei, che ci manca, la speranza, in questi giorni, ma possiamo anche chiamarla Yitzhak Rabin.

Daniela Fubini, Tel Aviv

(26 ottobre 2015)