Qui Milano – Claudio Magris a Bookcity
“Memoria e letteratura salvano
dall’abisso dell’orrore”
“Quando si scrive, si spera sempre di avere dei lettori, grazie di essere venuti…”. Claudio Magris entra in sala e sale sul palco con Ferruccio De Bortoli. La prima presentazione di “Non luogo a procedere” (Garzanti editore), la sua più alta prova letteraria di cui il notiziario quotidiano Pagine Ebraiche 24 nella sua edizione di ieri ha già anticipato molti contenuti e cui il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche dedica molte pagine di analisi, documentazione e approfondimento, oltre a una lunga intervista al grande scrittore e germanista italiano, può avere finalmente inizio.
Andrée Ruth Shammah ha appena fatto gli onori di casa nella sala straripante del teatro Franco Parenti, dove si svolge l’ultimo atto delle giornate milanesi di Bookcity 2015. “Vorrei tutti sapessero – dice la direttrice e regista – che qui fuori per ascoltare c’è altrettanta gente di quella che è riuscita a trovare posto in sala con noi”. Leonardo Mondadori, che di Boocity è presidente, espone con fierezza prima del gran finale i numeri di un successo travolgente. Milano ha voglia di cultura e di ripresa e il festival ne dimostra le potenzialità.
Soli sul palco, fra Magris e De Bortoli si svolge poi un dialogo fitto e ricco di spunti, ma solo parzialmente incentrato sul nuovo grande libro che coniuga l’yiddish con il creolo, Trieste con i destini d’Europa, la Shoah con le trame di un paese incapace di fare i conti con la Storia. Prima ancora di affrontare il “Non luogo a procedere” lo scrittore tiene a ringraziare pubblicamente De Bortoli, a lungo direttore e fino ai tempi recenti direttore di quel Corriere della Sera che, assicura “lo ha fatto crescere” come cittadino e come intellettuale. La sua guida del giornale, afferma lui, che del Corriere continua ad essere una delle firme di punta, mi ha insegnato come sia possibile accompagnare l’estrema fermezza sui principi con la moderazione dei comportamenti.
Una dote certo rara nella società e nel giornalismo italiani, ma una qualità che sembra essere molto gradita all’Italia che legge, così intensamente rappresentata in sala e pronta a tributare a De Bortoli un omaggio commosso.
Il dialogo prosegue poi attraverso l’inevitabile esigenza di introdurre e chiarire molti motivi ispiratori di un libro dalla forza fuori dal comune, ma anche complesso e difficile. Escono così dall’ombra le figure che hanno accompagnato, a tratti ossessionato Magris in questo ultimo decennio, a cominciare dal militare e collezionista triestino Diego De Henriquez, che allo scrittore ha donato la prima ispirazione e che dedicò la sua vita a raccogliere materiali e documenti di ogni tipo inseguendo il sogno di un grande museo per la pace che documentasse le guerre e i conflitti. Un personaggio del tutto singolare e affascinante che morì in circostanze misteriose dopo aver raccolto documenti e testimonianze anche sulle stragi operate dai nazisti e dai fascisti all’interno della Risiera di San Sabba, unico forno crematorio operante in territorio italiano.
Ma prima di rimettere al centro l’esigenza di instaurare una necessaria terapia della Memoria viva e non formale, di riaffermare la centralità del lavoro letterario come unico strumento utile per sanare o almeno superare l’orrore inesorabile della Storia, Magris ha tenuto a rendere omaggio a Ercole Miani, un altro triestino fuori dall’ordinario dalla cui figura si è fatto guidare durante questo recente, intensissimo lavoro di scrittura. Eroe della Prima guerra, protagonista con D’Annunzio dell’impresa di Fiume, eroe della Resistenza con Giustizia e Libertà, eroe dell’opposizione italiana all’occupazione jugoslava della Venezia Giulia, Miani finì per rispedire al mittente l’impressionante numero di medaglie conquistate nel corso della sua eterna condanna di salvare pagando di persona l’onore nazionale in ogni circostanza. In un’Italia incapace di fare i conti con la Memoria, disse, non sapeva cosa farsene.
La complice passività di fronte all’ingiustizia, alla persecuzione e all’orrore, ha infine ribadito Magris, per una società costituiscono una responsabilità ben più grave delle colpe perpetrate dai criminali, proprio perché le peggiori azioni si basano sull’indifferenza che le consente.
gv
(26 ottobre 2015)