Qui Milano – La mostra al Mudec
“Sono Barbie, l’icona di chiunque”

Barbie e le sue carriereApre oggi i battenti, al Museo delle Culture di Milano, Barbie – The Icon, la mostra curata da Massimiliano Capella che ripercorre la storia della bambola più famosa del mondo. Inventata 56 anni fa da Ruth Handler, nata a Denver ma originaria di una famiglia ebraica polacca, la Barbie è una delle protagoniste del numero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione.

“Cosa succede quando le ragazze sono libere di immaginare di poter essere chiunque?”. Succede che una bambina alta due mele o poco più entra in un’aula universitaria e inizia a spiegare le dinamiche del cervello umano. Una con due lunghe trecce bionde si autoproclama un veterinario nonostante raggiunga a stento il lettino mentre un’altra assai corrucciata si professa un allenatore di calcio e invita degli omaccioni a saltare in alto “come fossero unicorni”.
Perché, spiega poi la pubblicità da cui sono state tratte queste descrizioni, “quando una ragazza gioca a Barbie, immagina chiunque potrebbe diventare”. Perché, in conclusione, “tu puoi essere chiunque”. Questo il messaggio di fucsia abbigliato che la Mattel ha deciso di dare nell’ultima réclame della bambola più famosa del mondo e che in poche settimane è diventato uno dei video virali del momento.
Alla protagonista dei giochi di intere generazioni è poi dedicata la grande mostra Barbie – The Icon che apre i battenti 28 ottobre al Mudec di Milano. Messa in commercio 56 anni fa con il nome esteso di Barbara Millicent Roberts, Barbie deve la sua nascita all’idea e al genio imprenditoriale di Ruth Handler Mosko, cresciuta a Denver ma originaria di una povera famiglia ebraica polacca sfuggita ai pogrom. La Handler, in società con il marito Elliot e Harold Matson, fonderà la Mattel iniziando a produrre ukulele giocattolo e inventando poi una bambola dedicata alla figlia Barbara con un corpo conturbante e la possibilità di essere tutto ciò che vuole senza mai perdere di vista la moda.
Il resto è leggenda. Una leggenda raccontata a Pagine Ebraiche dal curatore della mostra Massimiliano Capella, che spiega: “Cosa distingue Barbie da tutti i precedenti e dal modello tedesco Bild Lilli Doll che ispirò la Handler? Sicuramente il fatto che fosse una bambola con diversi outfit che potevano essere cambiati e combinati. Barbie ha permesso alle bambine di creare situazioni personali diventando la loro nuova amica del cuore. Mentre giocavano costruivano una immagine moderna nella quale tutto era possibile. La loro beniamina non si sposa mai, non fa figli, lavora e veicola il messaggio più importante: quello della libertà”. Ma Barbie ha plasmato il mondo o è stata plasmata da esso? Risponde Capella: “La verità è che la Barbie non ha inventato nulla, ma è stata lo specchio della società. Nella mostra abbiamo allestito una timeline, una linea del tempo nella quale illustriamo i cambiamenti negli anni. La bambola si è mossa attraverso le trasformazioni economiche e antropologiche che ha assorbito ed interpretato”.
Ma perché allora per decenni ha ricevuto accuse per i suoi canoni impossibili da raggiungere? “Quello che dà fastidio ad alcuni è dato dal fatto che essa sia idealizzata. Barbie non ha creato le minigonne o affini. Non bisogna averne paura ma è necessario viverla per quella che è: un racconto, un sogno ispirato a dive come Marilyn e Audrey. Loro sono forse accusate di essere diseducative?”.

Dai pogrom alla bambola mito

Ruth Handler e il marito ElliottNel mondo ci sono tante tribù e altrettante sotto-tribù. Nella tribù delle ragazze c’è la tribù che gioca a Barbie e quella che non ci gioca e anche nella tribù dei maschi c’è una sotto-tribù che ama giocare a Barbie. Ma su una cosa tutte le tribù sono d’accordo: “Barbie non sembra affatto ebrea”. Inizia così The Tribe, il documentario del 2005 diretto da Tiffany Shlain e narrato dall’attore Peter Coyote che si propone di ripercorrere la storia e l’evoluzione del popolo ebraico attraverso un piccolo particolare: ad inventare la Barbie, la bambola più famosa del mondo, fu una donna ebrea, Ruth Handler, discendente da una famiglia sfuggita ai pogrom in Polonia. The Tribe, premiato anche al festival indipendente Sundance, affronta con ritmo e una giusta dose di coraggio la storia millenaria di un popolo sopravvissuto a secoli di persecuzione, costruendo un collage di immagini e usando come interpreti principali le Barbie (per fare un esempio, si illustrano le differenti correnti dell’ebraismo attraverso l’eterno fidanzato Ken cambiandolo di abiti). Pensato per essere proiettato nelle classi, il documentario termina con una domanda aperta: “Siamo sicuri che approdati nel nuovo millennio debbano davvero ancora esistere delle tribù di insiders e outsiders?”. In una lunga intervista la ‘mamma di Barbie’ Ruth Handler spiegò l’origine del suo successo come una eredità acquisita dalla sua famiglia ebraica, nella quale, per sopravvivere alle persecuzioni, le donne ricoprivano un ruolo fondamentale. Concorda il curatore della mostra milanese Massimiliano Capella: “In ogni creazione portiamo una parte di noi. E allora in fondo possiamo ammettere che Barbie ebrea un poco lo è”.

Rachel Silvera

Nell’immagine in alto “Barbie e le sue innumerevoli carriere, oltre 156 a partire dal 1959” e in basso Ruth Handler e il marito Elliot. © Mattel Inc

Pagine Ebraiche, novembre 2015

(28 ottobre 2015)