In ascolto – Nina Simone

Maria Teresa Milano Il 23 ottobre è uscito negli USA “The Amazing Nina Simone”, film doc dedicato a un’icona della musica americana, il secondo di quest’anno, dopo “What happened Miss Simone?”.
Il regista è Jeff L. Lieberman, giornalista pluripremiato che nel 2013 si è cimentato con la produzione e la regia del documentario “The Jews of Nigeria” e che nel 2012 ci ha fatti sorridere con il video “Call your Zeyde” a sostegno della campagna Obama, in cui una ragazzina con i dreadlocks chiama Bubbe e Zeyde al cellulare per discutere, in un misto di inglese e yiddish, dell’elezione del Presidente degli Stati Uniti, mentre qua e là sbuca una melodia del clarinetto in stile shtetl.
Ora Jeff L. Lieberman torna con un progetto impegnativo, la ricostruzione della vita e della carriera di Nina Simone (1933 – 2003), nata Eunice Kathleen Waymon da una ministra metodista e un predicatore, una bambina prodigio che mette al servizio della chiesa il suo straordinario talento per la musica, proprio come altre grandi: Aretha Franklin, Whitney Houston, Tina Turner.
Eunice studia e diventa una pianista eccezionale, ma la discriminazione razziale americana le impedisce l’ammissione al Curtis Institute of Music di Philadelphia, dunque per mantenersi inizia a suonare e a cantare nei locali. È il 1954 e ben presto la notizia fa il giro della città, ci si chiede chi sia quella giovane donna dalla voce calda e appassionata che conosce perfettamente il repertorio di George Gershwin e Cole Porter e si accompagna al pianoforte con uno stile unico, una sintesi di jazz, blues e musica classica. La sua ascesa inizia così, nella semplicità, proprio come in un film a lieto fine. Eunice Kathleen Waymon diventa Nina Simone, musicista affermata, attivista per i diritti civili e delle donne, un personaggio simbolo di quel contesto storico musicale in cui si marcia con Martin Luther King e si ascoltano Miriam Makeba e Harry Belafonte.
Lieberman dice di averla scelta non solo perché ha sempre amato la sua musica fin da ragazzo, ma soprattutto perché “come ebreo sono interessato a esplorare le questioni di identità e a scoprire gli spazi delle società minoritarie. La storia ebraica è molto diversa da quella afroamericana, ma ci sono anche paralleli interessanti”. E poi, come rivela il documentario, Nina Simone ha sempre avuto un legame con il mondo ebraico, non solo perché tra i suoi collaboratori c’erano molti musicisti ebrei ma anche perché negli ultimi anni della sua vita ha scelto di trascorrere lunghi periodi in Israele.
E poi Nina, proprio come Miriam Makeba e Harry Belafonte, amava le canzoni popolari ebraiche.
Quando nel 1963 debutta al Carnegie Hall, tra gli standard jazz e blues e alcuni brani gospel, nella scaletta include un paio di melodie tradizionali ebraiche solo strumentali e due brani cantati: Od Yishama ed Eretz zavat chalav udevash.

Consiglio di ascolto: Nina Simone, Eretz zavat chalav udevash

Maria Teresa Milano

(29 ottobre 2015)