Israele e l’informazione bugiarda

Schermata 2015-10-29 alle 18.09.05Il 22 ottobre scorso Lord Michael Ian Grade, con un passato alla guida del consiglio di amministrazione della Bbc, ha inviato una dura lettera all’emittente britannica, criticando la copertura data all’ondata di violenza e attentati terroristici che ha colpito Israele l’ottobre scorso. Secondo Grade, i giornalisti della Bbc non hanno spiegato il contesto in cui si sono verificati gli attacchi e hanno equiparato “le vittime israeliane del terrorismo ai palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza mentre stavano compiendo gli attentati”. È il caso del titolo comparso lo scorso 3 ottobre sull’edizione on line della Bbc in cui si leggeva “palestinese colpito a morte dopo che un attacco a Gerusalemme uccide due persone”. Il primo era l’attentatore, le “due persone” le sue vittime, entrambe israeliane. “Il titolo non rappresentava in modo accurato gli eventi”, ha ammesso l’emittente britannica interpellata dal quotidiano Yedioth Ahronoth.
“La Bbc ma anche la Cnn hanno più volte distorto i fatti – dichiara a Pagine Ebraiche Gerald Steinberg, docente di Scienze politiche all’Università Bar Ilan – Non è una cosa nuova. È stata creata una narrativa in cui Israele viene descritta sempre come colpevole e non si menzionano le responsabilità dei palestinesi. Oppure si parla di uso eccessivo della forza, un’immagine che viene ripetuta ancora e ancora, per descrivere le risposte israeliane alle aggressioni”. Il professor Steinberg è da tempo impegnato in una battaglia sul fronte dell’informazione. Secondo lui una delle chiavi di questa narrativa contraria a Israele sono alcune delle organizzazioni no profit che lavorano tra Israele e territori palestinesi. Per contrastarle, ha messo su una propria organizzazione, la Ngo Monitor – Watching the Watchers con l’obiettivo, si legge sul sito dell’ente, di porre fine “alla pratica di queste ong auto-dichiaratesi ‘umanitarie’ che sfruttano i diritti umani per promuovere la propria agenda politica e ideologica”. Nel 2010 Steinberg e la sua Ngo Monitor hanno accusato l’Unione Europea di mancanza di trasparenza rispetto ai fondi versati a progetti e ong legati a Israele e al Medio Oriente (tra le altre, il progetto editoriale online 972mag). Si è arrivati fino alla Corte di Giustizia Europea, che ha però rigettato il caso definendolo “manifestamente infondato”.
Altro fronte su cui Steinberg è particolarmente agguerrito sono i social network. “Giocano un ruolo importante nell’opinione pubblica e raggiungono un numero di persone molto ampio. Su questi media, la parte pro-israeliana credo si sia mossa bene, in particolare durante il conflitto a Gaza dello scorso anno”. Eppure è lo stesso professore a sottolineare che il ruolo centrale nell’informazione deve rimanere in mano al giornalismo. “Il problema è che si seguono modelli sbagliati – afferma Steinberg parlando in particolare dell’approccio dei giornalisti rispetto alla questione mediorientale – non si approfondisce, non si verificano le fonti e si dà una informazione parziale”. Proprio la parzialità, sottolinea, è uno dei pericoli della società contemporanea. “Da una parte internet ha permesso agli utenti di accedere a sempre più fonti, siti di giornali, blog e così via, dando la possibilità di avere una visione più complessa della realtà; dall’altra c’è la tendenza a cercare le notizie che riflettano e rinforzino le nostre opinioni precostituite. In questo modo però avremo una società sempre più divisa”. Con il rischio che una parte sia sorda alle esigenze dell’altra. “Ad esempio non credo che il modello Fox News contro Cnn funzioni”, spiega Steinberg, “per quanto possibile ci vorrebbe un’informazione più neutrale”. E, tornando all’attualità israeliana, secondo l’opinionista di Yedioth Ahronoth Guy Bechor anche meno propensa a quella che definisce “la pornografia del terrore”: secondo lui le immagini degli attentati palestinesi, diffusi dai media e sui social network, fanno semplicemente il gioco di chi vuole diffondere il terrore. “Quando si tratta dei media, i cittadini si aspettano di sentire le notizie, non la diffusione del panico”.