Qui Torino, Lezione Primo Levi
Fantascienza, ritorno alla realtà
Settima edizione della lezione Primo Levi, incentrata quest’anno sull’analisi di un genere letterario ben preciso, la fantascienza. Come collocare questo genere all’interno del variegato corpus di scritti di Levi? Come coniugare la fantascienza con la vocazione da chimico-scienziato propria dell’autore? Queste e altre domande hanno trovato risposta nel corposo intervento del relatore Francesco Cassata, storico della scienza e docente presso l’Università di Genova, che ha preso in analisi due opere specifiche di Levi, “Storie Naturali”, accompagnato dalla provocatoria fascetta editoriale “Fantascienza?”, pubblicato sotto pseudonimo nel 1966 e la raccolta “Vizio di forma”, del 1971.
Ad aprire l’evento Ernesto Ferrero, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, che ha posto l’accento su come queste lezioni siano sempre in grado ogni anno di rivelare una nuova faccia del “poliedrico Levi”, allontanandolo così dalla mera categoria del testimone. “Quest’anno”, conclude Ferrero, l’analisi ruota attorno ai racconti definiti dallo stesso Italo Calvino “fantabiologici”.
A prendere la parola è poi il relatore, che si sofferma proprio sulla fascetta provocatoria “Fantascienza?”: “Il nostro obiettivo”, spiega, “ è provare a spiegare, oltre alla parola stessa, il punto interrogativo che l’accompagna”.
Levi, parlando di scienza, la definisce come una lotta darwiniana contro la materia, mentre la fantascienza e i racconti vengono relegati nei confini di “pause fantastiche”. Che rapporto si instaura tra realtà e finzione? Tra ricordi e fantasie? Perché Levi sceglie un genere apparentemente così lontano dalle sue corde e da se stesso? La riposta la troviamo, prosegue Cassata, in una lettera scritta a Luciana Nissim Momigliano, del febbraio del 1966, dove Primo sostiene che la fantascienza non sia un tradimento, ma un ritorno alla realtà.
Usa la fantascienza per esprimere un senso di straniamento cognitivo che proviene dal mondo reale. La fantascienza è la scienza al contrario, che permette attraverso un racconto rovesciato di ricostruire la realtà. Questa compenetrazione tra realtà e fantasia la si ritrova in tre racconti di Levi, e in particolare in “Angelica Farfalla”, “Versamina” e “La bella addormentata nel frigo”. Proprio su quest’ultimo Cassata si sofferma per far emergere dettagli visibili solo attraverso un’attenta e scrupolosa analisi, che non si limita a considerare il racconto una semplice invenzione priva di ricadute o riferimenti sulla vita concreta dell’autore. “La bella addormentata nel frigo” racconta appunto la vicenda di una ragazza che si è sottoposta spontaneamente a un esperimento che consiste nel congelare e scongelare il proprio corpo per studiarne gli effetti. La vicenda può essere ricondotta a due livelli differenti: il primo riscontra un parallelismo tra il tema trattato e il più generico topos letterario legato alla fantascienza, quindi prolungamento della vita e ibernazione. Ma se si scava un po’ più in profondità non si può non collegare questa vicenda pseudo-inventata a un’esperienza legata al passato di Primo Levi. La scienza era stata curvata a favore della follia: basta pensare alla sperimentazione medica coercitiva che si svolgeva in diversi lager, tra cui Dachau, dove erano ricorrenti esperimenti proprio sull’ipotermia. “Ed è così”, conclude Cassata, “che si trova il ponte tra fantascienza e ricordo reale, dove quest’ultimo sembra essere sprofondato nel testo fantasy, sotto forma di bruto sogno”.
Va ricordato che, come ogni anno, il testo della Lezione viene successivamente pubblicato da Einaudi e presentato al Salone del Libro nella primavera seguente. Tra i presenti, Domenico Scarpa, membro del Centro Internazionale di Studi Primo Levi; Fabio Levi, presidente del Centro; e Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino.
Alice Fubini
(30 ottobre 2015)