Milano saluta l’Esposizione universale
L’eredità del dopo Expo
Il clima del 31 ottobre di Expo Milano 2015 assomigliava molto all’atmosfera da ultimo giorno di scuola. Dopo sei lunghi mesi – preceduti da anni di preparazione e difficoltà – la felicità di aver portato a termine una sfida imponente. Una sfida che Milano e l’Italia hanno vinto insieme, ha sottolineato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso della cerimonia di chiusura dell’Esposizione universale. “La giornata di oggi – ha continuato Mattarella – non è un addio ma un passaggio. È l’inizio di un nuovo impegno civico”. E l’obiettivo deve essere quello di portare avanti quanto costruito nei mesi di Expo, l’auspicio del Presidente, ovvero un’intreccio di politiche alimentari e culturali che impongano una nuova attenzione sul futuro del nostro mondo. “Dobbiamo saper dire basta allo sfruttamento del presente, che toglie il futuro ai nostri figli e nipoti”, ha dichiarato Mattarella. E su queste basi si fondano le eredità morali dell’Expo milanese, la Carta di Milano e il Milan Urban Food Policy Pact, ricordate dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha sottolineato come la città abbia risposto positivamente alla manifestazione. Expo, ha detto il sindaco, “è una sferzata di energia che ci dà forza per nuovi traguardi. Oggi non è giorno di addii ma di arrivederci”.
“Quando una cosa finisce c’è sempre un po’ di malinconia – il commento di Pisapia – ma Milano saluta il mondo mostrando di cosa è capace l’Italia”. Ed è una malinconia festosa, come si diceva, da ultimo giorno di scuola. I più coinvolti in questa atmosfera erano le centinaia di lavoratori e di volontari a cui è andato il sentito ringraziamento di Giuseppe Sala. Tra questi, quelli del Padiglione Israele, che hanno festeggiato con ironia l’ultimo tour all’interno della struttura, divertendo con qualche improvvisazione il pubblico che aveva avuto la pazienza di rimanere in coda anche nell’ultimo giorno. Un po’ di goliardia, saluti e musica hanno caratterizzato anche gli altri padiglioni, come quello olandese con il suo dj set o quello ecuadoriano con uno spettacolo di balli nazionali.
Si chiude dunque l’Expo, con il prossimo appuntamento a Dubai nel 2020, e Milano ora riflette sul futuro: su come portare avanti l’energia positiva raccolta in questi sei mesi, come spiega a Pagine Ebraiche il presidente della Commissione consigliare Expo Ruggero Gabbai.
Ruggero Gabbai: “Il successo di Expo, un’eredità per il futuro della città”
I sei mesi di Expo a Milano si sono conclusi. I timori della vigilia, le polemiche, gli scandali hanno lasciato progressivamente il posto alla curiosità per questo piccolo villaggio globale la cui bandiera, oltre a quella nazionale di ciascun padiglione, era il cibo, tema principale dell’Esposizione universale. “Siamo passati da Expo‐scettici, ad Expo‐realisti fino a diventare Expo‐ottimisti”, spiegava su queste pagine Ruggero Gabbai, presidente della Commissione consigliare Expo 2015, quando ancora a Rho i battenti non erano stati aperti. Ora sull’evento che ha portato milioni di persone nel capoluogo lombardo è calato il sipario ed è tempo di bilanci. In particolare per il futuro della città. “Expo ha permesso a Milano di proiettarsi ancora di più al centro del panorama internazionale – spiega Gabbai – Al prossimo sindaco (le elezioni si terranno nella primavera 2016) spetterà portare avanti quanto è stato costruito fino ad oggi”. E una delle eredità per il futuro a cui Gabbai tiene di più è il Milan Urban Food Policy Pact, siglato a Palazzo Marino lo scorso ottobre assieme a 113 sindaci di tutto il mondo e consegnato nelle mani del Segretario Generale dell’Onu Ban Ki‐Moon. “Questo patto è il frutto di un percorso iniziato due anni fa dall’amministrazione assieme alla Fondazione Cariplo per fare di Milano la città capitale in merito alla food policy: si tratta di un documento, molto vicino a un protocollo, che crea un network tra le città aderenti in materia di politiche alimentari, redistribuzione del cibo, lotta agli sprechi e così via. È un patto che crea una sinergia glocal, ovvero si occupa dei cittadini ma lo fa avendo lo sguardo rivolto verso il panorama globale”. Si tratta infatti di città come New York, Toronto, Londra, e tutte centotredici insieme contano quattrocento milioni di abitanti. “Sono realtà metropolitane che continueranno a crescere e creare una sinergia aiuterà ad affrontare nel concreto le sfide del futuro: parliamo ad esempio dell’ottimizzazione della gestione delle mense scolastiche, dello smaltimento di cibo, così come della creazione di orti cittadini, questioni che rispondono alle esigenze quotidiane di chi abita nelle aree metropolitane”. Il percorso per l’adozione delle Food policy per Milano si è articolato in quattro tappe: l’analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema alimentare milanese, l’elaborazione degli obiettivi della Food Policy attraverso una consultazione pubblica, l’adozione di quest’ultima da parte delle istituzioni cittadine e l’elaborazione di progetti pilota. Dalle analisi su Milano, si legge nelle ricerche portate avanti da un team di esperti, emerge che “i milanesi preferiscono fare la spesa al supermercato (78 per cento), ma che in città esistono più di 80 gruppi di acquisto solidale. Che oltre 100 mila nuclei familiari vivono in condizioni di povertà relativa, ma che ogni famiglia milanese spreca in media ogni anno il valore di un mese di spesa (circa 400 euro)”. Sono dati legati all’alimentazione portati alla luce dando seguito al leitmotiv di Expo “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”. Un tema, sottolinea Gabbai, che ha giocato un ruolo fondamentale nella riuscita dell’Esposizione milanese. “Si è lavorato molto in questi sei mesi con le scuole con il pensiero che saranno poi le nuove generazioni a portare avanti
tutto il discorso sulla sostenibilità alimentare”. Il discorso di Gabbai si concentra molto sul futuro e ad esempio sul domani del sito di Expo: il suo auspicio è che diventi un polo internazionale in cui si parli di food policy e di tutto ciò che vi è connesso. “Alcune strutture rimarranno, come il Padiglione Italia o il Padiglione Zero. Mi auguro che creando una collaborazione tra Comune, Regione, Governo e anche l’Unione Europea si riesca a far diventare quegli spazi un luogo importante di studio e di ricerca aperto al pubblico”.
Daniel Reichel, Italia Ebraica, novembre 2015
(1 novembre 2015)