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Nuova Preistoria

cavaglion Si moltiplicano, per fortuna, le iniziative in memoria di Pier Paolo Pasolini. Con qualche giorno di anticipo vorrei avvertire i miei quattro lettori di segnarsi in agenda una data: 22 dicembre, quando sarà il turno di Poesie in forma di rosa (1964). Tra i libri che il Corriere manda in edicola ogni settimana questo è notevole per la sezione “Israele”. Sono versi che Pasolini ha composto nel 1963, quando pensava di girare intorno a Gerusalemme gli esterni del suo Vangelo secondo Matteo. Opterà poi per Matera, ma di quel breve soggiorno sono rimaste liriche che documentano la lungimiranza dello “scrittore corsaro”. Ne trascrivo qui sotto un frammento che sempre mi ha colpito, per la indubbia (e crescente) attualità del verso finale. Pasolini vede nel progetto del sionismo socialista il contrario di quel che accade in Italia, dove la civiltà contadina tramonta e le bianche mani degli intellettuali dispregiano gli arnesi d’agricoltore. Le bianche mani di intellettuale che adoperano arnesi di agricoltura invertono in Israele la traiettoria del tempo. Colpisce favorevolmente il coraggio di Pasolini, mancato a tanti scrittori italiani del suo tempo: la storia d’Europa, ci dice, è opera di greci, fiorentini, ma anche di ebrei. Spaventa, invece, l’ipotesi non fantascientifica degli albori di una Nuova Preistoria.

Ho visto, con bianche mani di intellettuale,
un ebreo adoperare arnesi d’agricoltore.
Che senso ha fare questa esperienza
ora che proprio il mondo contadino muore,
da preistoria fatto storia (con tutto
ciò che voi, con Greci, Fiorentini,
Europei avete
dato, perché fosse storia dell’uomo)?
Per cedere il passo a una Nuova Preistoria.

Alberto Cavaglion

(4 novembre 2015)