In ascolto – Yitzhak Rabin

Maria Teresa Milano4 novembre 1995. Yitzhak Rabin viene ucciso in piazza Malkhei Israel a Tel Aviv. Nella tasca interna della sua giacca viene trovato un foglio imbrattato di sangue, è il testo di un brano conosciuto, Shir Lashalom, canzone di bandiera del 1969 di Miri Aloni e della band militare Lehakat Hanahal. Il Primo Ministro quella sera, vincendo la sua timidezza, aveva afferrato il microfono e insieme a Miri aveva dato la propria voce al sogno di pace che stava cercando di perseguire con tutto se stesso. Anche la folla si era unita al canto.
Sul palco era presente una giovane Achinoam Nini, che racconterà: “Doveva essere uno dei momenti più felici della mia vita, centinaia di migliaia di persone erano uscite per incoraggiare Rabin nel suo progetto di pace, ma il sogno è stato cancellato da un pazzo assassino. Ero scioccata, terrorizzata. Penso di non essermi mai ripresa. Ho giurato a me stessa che, anche a costo di rovinare la mia carriera, avrei portato io la torcia che era caduta dalla sua mano in quella notte orribile”. E così è stato. Achinoam Nini, al secolo Noa, ha portato avanti il suo impegno attraverso la musica in molte situazioni diverse e non solo con la celebre “Shalom shalom”, più volte eseguita insieme alla cantante palestinese Mira Awad.
Tutti noi abbiamo in mente le note che da venti anni accompagnano il ricordo di Yitzhak Rabin, si tratti di Shir Lashalom, divenuta il simbolo stesso della tragedia o di Shalom Haver di Arik Einstein e Shalom Hanoch (altri due miti della canzone israeliana), un saluto colmo di nostalgia e rimpianto o ancora il rock melanconico di Aviv Geffen in Livkot lecha, scritta per un amico morto prematuramente e oggi dedicata alla memoria di Rabin: “Ti piango; sii forte lassù”.
Io vorrei ricordarlo con un brano dolce e poetico, Dma’ot shel Malakhim, Le lacrime degli angeli, nella vecchia versione di due big della musica israeliana: Yoni Rechter, compositore, pianista e cantante che nei suoi quarant’anni di carriera ha creato uno stile davvero unico, in cui si percepiscono la profonda conoscenza musicale, l’amore per i Beatles e il pop anni ’60 ma anche l’interesse per la musica classica, il Jazz e la tradizione di Israele in tutta la sua ricchezza e varietà. Yehudit Ravitz, nata nella Beer Sheva del deserto e degli immigrati, anche lei cresciuta nelle band dell’IDF in cui ha sviluppato la passione per il rock e le contaminazioni sonore sudamericane tipiche nella musica israeliana degli anni ’80.
In memoria di Yitzhak Rabin, parole di preghiera da Dma’ot shel malakhim: “Quando in un altro mondo gli angeli piangono, in questo mondo siamo ancora più tristi”.

Consiglio d’ascolto: Yoni Rechter e Yehudit Ravitz

Maria Teresa Milano

(5 novembre 2015)