La rassegna settimanale di melamed
La scuola che (non) vogliamo

melamedbannerMelamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da più di tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri. Per visualizzare la newsletter settimanale di melamed cliccare qui.

La scuola che (non) vogliamo

“Carissimi Fortunata e Antonio, ho letto con attenzione la lettera che avete inviato ad Avvenire e il vostro appello a ottenere una risposta in merito alla vicenda della piccola Francesca di cui vi state prendendo cura. Condivido il vostro sconcerto e la vostra frustrazione di fronte all’impossibilità, per una ragazzina di 11 anni, di poter frequentare regolarmente le lezioni. Vado subito al punto. Francesca tornerà in classe.” Così, in una lettera al giornale che aveva accolto l’appello originario dei genitori di Francesca il ministro Stefania Giannini ha capovolto in un sì l’inaccettabile no all’inclusione in una scuola statale di una bambina malata di Aids. Si tratta di una vicenda che ha avuto ampio riscontro su molte testate, fra genitori preoccupati per la salute dei propri figli e pronti a ritirare i bambini da scuola, un sistema scolastico che dopo l’iniziale rifiuto si è attivato per la totale integrazione e alcuni lati non chiari, che sono in questi giorni oggetto di approfondimento. E una garanzia, ribadita anche dal ministro: chi ha sbagliato pagherà per questo. (Repubblica, Mattino, Stampa) E in un commento, intitolato “Che brutta lezione per quei bambini” firmato da Titti Marrone, che sul Mattino del 30 ottobre scrive: “Girare la faccia, voltarsi, guardare altrove. Distogliere lo sguardo dalla bambina percepita come ‘imperfetta’, ‘chiodo storto’. Soprattutto evitarla: attenzione, ‘pericolo ambulante’. È questo il non detto che s’insinua dietro le giustificazioni ipocrite dei dirigenti scolastici, il messaggio, neanche tanto subliminale, che dagli adulti arriva chiaro e forte ai ragazzini di due scuole medie della provincia di Caserta dov’è stata rifiutata l’iscrizione di una undicenne affetta da Aids.” E continua: “Ma forse, a ben vedere, quella scuola che nega l’iscrizione alla piccola è davvero una scuola modello, però in tutt’altro senso (…) si delinea l’ombra minacciosa di un modello di scuola da mettere i brividi: la scuola che non vorremmo, escludente invece che inclusiva, chiusa invece che aperta e soprattutto oscurantista, sigillata in un primitivismo inaccettabile (…) perché quella preclusione, infrangendo un impianto valoriale in linea ipotetica condiviso e alcune certezze scientifiche ampiamente consolidate, si smaschera da sola mostrando il volto di un’istituzione angusta che contraddice se stessa e il senso della propria esistenza.” (Il Mattino, 30 ottobre)
Negli stessi giorni a Locri un padre è arrivato a incatenarsi ai cancelli della scuola, per cercare di ottenere che il figlio, con una disabilità del 100 per cento possa frequentare la scuola: “I nostri diritti non sono opzionali – ha affermato – dobbiamo fare rete perché i nostri figli valgono e sono una risorsa per tutti, se integrati in un contesto adeguato e dignitoso”. (Avvenire, 31 ottobre)
Non mancano i problemi a Biella, dove un ragazzo affetto da autismo è stato isolato, dopo uno scatto di rabbia nei confronti dell’insegnante di sostegno. Era in prima media e dopo essere stato allontanato dalla classe il suo atteggiamento aggressivo si è esacerbato, con conseguente “pausa” dalla scuola, che ha voluto prendersi un momento di riflessione, in accordo con i genitori. Ma da allora il ragazzo non ha più potuto frequentare la scuola, che per lui è durata quest’anno solo due settimane (Avvenire, 31 ottobre)

Università e Israele: “È successo di nuovo. Un gruppo di accademici britannici (trecento, di cui molti studiosi italiani che lavorano negli atenei del Regno Unito) hanno firmato un appello pubblicato su una intera pagina del Guardian in cui annunciano di aver iniziato il boicottaggio di Israele e delle sue istituzioni accademiche. Il progetto è rompere le relazioni con gli atenei israeliani, non accettare i loro inviti e non invitare accademici di Israele, definito una ‘potenza occupante’ dei territori palestinesi.” Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress ha pacatamente definito “miope” l’appello britannico perché “qualunque boicottaggio è controproducente, la scienza dev’essere aperta a tutti e capace di condividere le scoperte dei migliori cervelli, siano essi israeliani, palestinesi o di altre parti del mondo”. Più dre le reazioni italiane, di Ruth Dureghello, presidente della Comunità di Roma e di Victor Majar, assessore alla Cultura e alla Memoria dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. (Corriere della Sera, 30 ottobre)
E in Italia, all’Università di Novoli, c’è stato uno scontro acceso fra il rettore e gli studenti, che in uno spazio autogestito hanno proiettato un documentario intitolato “Israele, il cancro”, un titolo, secondo il rettore “estraneo a quel confronto fra prospettive e analisi differenti che viene riservato di solito alle iniziative, anche studentesche, organizzate negli spazi dell’Ateneo”. Per questo Tesi non ha escluso agli studenti la possibilità che lo spazio autogestito venga revocato. (Corriere Fiorentino, 30 ottobre)

Media e bambini: “Caro direttore, è urgente tornare a considerare il rapporto tra media e bambini come una questione primaria.” È questo l’appello che l’assemblea del Forum Bambini e Mass Media rivolge alle Istituzioni, alle agenzie educative, alle emittenti radiotelevisive, agli organi di controllo, al mondo della comunicazione e della pubblicità. Sottolinea come leggi, codici deontologici, codici di autoregolamentazione sono costantemente disattesi da quasi un ventennio e come loo stesso Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione tv e minori si sia inabissato nel limbo dell’ignoto. (Avvenire, 31 ottobre)

L’ora di religione: “Per quanto possa apparire sorprendente (ma non lo è) il ministero dell’Istruzione non divulga i dati della partecipazione all’ora di religione. Lo fa invece la Cei, secondo la quale sarebbe dell’88,5 per cento. Un’inchiesta del nostro circolo ha mostrato invece come nella sola Bologna gli studenti che non se avvalgono sono circa il 33 per cento. E la ricerca non comprendeva gli istituti superiori, dove i “non avvalentesi” in genere raddoppiano. L’unico dato su cui tutti concordano è che la partecipazione è in calo.” Su Left (31 ottobre) Raffaele Carcano fa il punto sull’anomalia italiana, dove l’IRC è responsabile della non piena eguaglianza degli studenti. Chi non segue l’insegnamento della religione cattolica (IRC) va incontro a discriminazioni, soprattutto quando si opta per l’ora alternativa.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(8 novembre 2015)