Il mistero del gefilte fish
Buttate alle ortiche le romanticherie d’antan, oggi tutti sanno che le email sono lo specchio dell’anima. Perciò, quando qualche decina di migliaia di esse diventa di pubblico dominio, è certo che qualche cosa d’interessante verrà fuori, specialmente se si è l’ex segretario di Stato degli Stati Uniti d’America. Che per l’appunto è proprio il caso di Hillary Clinton, oggi candidata alle primarie democratiche per le elezioni presidenziali del 2016, coinvolta in uno scandalo nonché in un’indagine dell’Fbi per aver utilizzato nella sua corrispondenza di lavoro l’indirizzo email personale, impedendo al governo di acquisire i registri delle sue comunicazioni, come da prassi per chi ricopre incarichi pubblici, e soprattutto col rischio di mettere a repentaglio in un server non controllato qualche segreto di Stato. Per stemperare la tensione Hillary ha puntato tutto sulla trasparenza, rendendo pubbliche 30 mila email. Dalle quali si apprendono moltissime cose assolutamente marginali sugli affari internazionali di una potenza mondiale, ma con un po’ di attenzione si possono trovare anche alcune notizie più rilevanti. Tra cui, ad esempio, il fatto che a quanto pare Hillary beve tantissimo tè, che ha qualche problema a usare il fax (ma, c’è da dire, oggigiorno chi sa più usare il fax?), è una fan della serie tv “The Good Wife”, ma soprattutto è coinvolta in una misteriosa storia che riguarda un gefilte fish. Il piatto più famoso, nel bene e nel male, della cucina ashkenazita è infatti protagonista del messaggio più chiacchierato della raccolta. Data: 5 marzo 2010. Destinatari: Jake Sullivan, uno dei suoi consiglieri più vicini, e Richard Verma, ex assistente del segretario di Stato per gli affari legislativi. Oggetto: Gefilte fish. Testo della mail: Where are we on this?, “A che punto siamo”? Fine, nessun altro dettaglio chiarificatore. C’è qualcosa di piacevolmente indecifrabile in queste poche parole che ha scatenato una determinata curiosità di scoprire cosa vi sia dietro: perché il segretario di Stato parlava di polpette di carpa con i suoi più stretti collaboratori? A che punto siamo su cosa, sulla preparazione di una cena a tema shtetl? O si tratta forse di un messaggio in codice da decriptare con perizia? Alla fine, tra tanto dibattere e investigare una risposta è arrivata, e sebbene sia del tutto razionale non è tuttavia deludente. Il 5 marzo di quell’anno cadeva vicino alla festa di Pesach, momento di picco di consumi di gefilte fish. In quei giorni era partita dagli Stati Uniti per Israele una grande spedizione di pesce surgelato, carpe nella fattispecie, allevate nell’Illinois, che sarebbe stato oggetto di una tassazione molto alta, a meno di non fare un’eccezione. E Clinton, a quanto sembra, aveva una promessa in sospeso con l’allora membro del Congresso dell’Illinois Don Manzullo, e alla fine quell’eccezione fu fatta. A scoprirlo è stato il giornalista del Tablet magazine Yair Rosenberg, collegando l’episodio con una pagina dell’autobiografia dell’ex ambasciatore israeliano negli Usa Michael Oren. Il quale riporta tra l’altro un’esclamazione emblematica della stessa Clinton: “Voi credete che raggiungere la pace in Medio Oriente sia difficile, ma io in realtà ho a che fare con delle carpe!”.