Sufficit
Basta il fischio di un treno a farti piangere, canta Bob Dylan. Ma per sorridere… Proprio vero, anche in libreria. Per questa ragione libricini come Sufficit (Sellerio) sono preziosi. Per cercare di descrivere come Nino Vetri riesce a farci divertire senza farci smettere di pensare, e viceversa, dovrei esser bravo almeno quanto lui, e no, non lo sono. Forse il suo segreto è non aggiungere, ma nemmeno togliere niente alle scene comuni che vede e racconta. Come ha scritto, meglio di ogni altro, Shakespeare, la bellezza è negli occhi di chi vede. Anche la bruttezza, anche la comicità. Lo sguardo di Vetri su Nino il Contadino, esemplare estinto di uomo virile e dolcissimo, rude e commovente insieme, per esempio: è burbero, Nino; è comprensivo, è intransigente; è saggio, è sciocco. Il suo modo di vivere nella sgarruppata tenuta di campagna del padrone – che di nome fa Nino pure lui, ma ha un cognome, Baldanza, che è già un programma, una poetica dell’ossimoro – ci fa sorridere, ricordandoci però che se non proprio come lui, anche noi potremmo vivere di cose semplici. Oppure, leggete la storia del simpatico ladro di salsicce, insospettabile quanto scontato, che ogni giorno a mezzogiorno fa sparire la collana accanto all’insegna. O la beffa – che dà il titolo al libro e ricorre come sorridente fantasma in molte pagine – di cui è vittima e prosecutore l’altro prelato. E che dire della famiglia del padrone? Non vanno in contrada Guadanella perché non c’è acqua corrente, non c’è campo per il telefonino, non ci sono discoteche; esattamente le ragioni per cui lui ci va. Che dire del barone non barone, o del pastore di greggi che legge Dumas, del Tonto – che pare uscito da un racconto di Scholem Aleichem o di Isaac Bashevis Singer – che sopravvive alla guerra e riscatta tutti i Gimpel di tutte le religioni?
Insomma, immaginatevi un puzzle, di cui vedrete il disegno completo solo alla fine, ma del quale ogni tessera è già riassunto indispensabile: le storie minime che Vetri racconta – anzi, meglio: rappresenta – sono in realtà un affresco, una Commedia Umana. Non stupisce scoprire che l’autore è anche un musicista, il ritmo non abbandona mai le pagine.
Ne aveva già dato prova con il suo primo libro, Lume Lume, sempre per Sellerio, che è pieno di suoni e di note quanto Sufficit è gonfio di odori, di puzze e profumi. Il titolo viene dal nome di una canzone popolare rumena, fra l’altro ben interpretata anche da Moni Ovadia, in un vecchio buon disco. Il protagonista, che vive in una multietnica e popolare Palermo, si innamora di quella musica, capisce che il titolo significa “Gente Gente” e desidera conoscere le parole della canzone. Frequenta chiunque possa aiutarlo, ma trova fan di Ramazzotti, o cento tipi diversi di confusi emigrati perenni – così occupati, travolti dal presente, da esser incapaci, o forse renitenti, ad apprezzare un passato che non è ancora passato. Nino Vetri scherza, non offende; possiede, e fa godere al lettore quella leggerezza di cui racconta Kundera, soprattutto nei cinque libri che precedono quello che gli ha dato popolarità in Italia. Ragion per cui quando ieri, mentre stavo raccogliendo le idee per questo esercizio di lettura, ho scoperto che Sellerio ha appena pubblicato il suo nuovo libro, Il Michelangelo, l’ho acquistato subito, ad occhi chiusi e sorriso aperto.
Valerio Fiandra
(19 novembre 2015)