Torino – Varsavia, il Ghetto, la Memoria
Nuova luce sulla tesi di Lattes

Schermata 11-2457347 alle 11.08.57A 55 anni dalla sua discussione la tesi sul Ghetto di Varsavia di Mario Lattes, personaggio di spicco del mondo culturale torinese, viene finalmente pubblicata da Edizioni Cenobio, dopo il rifiuto da parte della casa editrice Einaudi nel lontano 1963 (nonostante un contratto firmato).
L’opera, che rappresenta il più completo e ampio saggio in materia scritto da un autore italiano, è presentata al pubblico per la prima volta il 27 gennaio scorso, in occasione dei 70 anni dalla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz a Varsavia, presso l’Istituto Italiano di Cultura. A riprendere in mano quei temi un confronto ospitato ieri dalla Comunità ebraica torinese, in collaborazione con la Fondazione Bottari Lattes.
Tra i relatori, moderati dal presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni, gli studiosi Alberto Cavaglion e Giacomo Jori (che è curatore dell’opera). Significative inoltre le letture dal testo svolte da Chiara Monti e accompagnate dal flauto di Ubaldo Russo e dal pianoforte di Bruno Manassero.
Memoria di ieri, impegno di oggi. Su questo si è soffermato in apertura il presidente Disegni, che ha ricordato come la memoria dello sterminio non possa e non debba essere un mero rituale ma un tema vivo, segnato da una forte consapevolezza da parte di chi eredita il testimone del ricordo e ha quindi responsabilità nei confronti delle nuove generazioni e dell’intera società italiana.
Lattes, ricorda poi Cavaglion, fu innanzitutto pittore e scrittore, ma con questa tesi rientra a tutti gli effetti anche nel ruolo di storico. Questo non fa altro che sottolineare il suo carattere anticonformista ed eterodosso. Cavaglion si sofferma poi in particolare sulla controversia legata alla mancata pubblicazione della tesi, definendo la storia del testo “già di per sé romanzesca”. Lo stesso Lattes in risposta al rifiuto della casa editrice Einaudi, parla di “surrealismo editoriale”.
Prende poi la parola Jori, che analizza analiticamente il testo, suddividendolo in due parti per far emergere un carattere contraddittorio della scrittura dello stesso Lattes. La prima, spiega Jori, rappresenta la dissertazione storica, caratterizzata da una scrittura di “straordinaria sobrietà”; la seconda invece raccoglie documenti e testimonianze e rappresenta una vera e propria antologia scritta con “bravura narrativa”.
La presentazione si chiude su alcune letture, tratte dalla sezione delle testimonianze. Due i nuclei tematici: il muro, che non si limita a quello fisico del Ghetto di Varsavia, ma si estende e segna la condizione di tutti gli uomini e i bambini, le vittime più pietose.
“Dedico e dono il Ghetto di Varsavia alla Comunità ebraica di Torino per solidarietà nei confronti del popolo ebraico da secoli perseguitato, vittima dell’immagine della Shoah e ancora oggi oggetto di una campagna di antisemitismo che non accenna a diminuire”. Queste alcune parole tratte dalla lettera scritta in occasione della serata da Caterina Bottari Lattes, moglie di Mario, nonché presidente della fondazione a lui dedicata.

Alice Fubini

(20 novembre 2015)