Je suis Paris – I comici tornano in scena
Terroristi, una risata vi seppellirà
“Siamo dei piccoli soldati dello humor. Cerchiamo di dare un po’ di gioia alle persone, di far loro pensare ad altro in questo periodo difficile. Ma non c’è niente di eroico, non siamo mica Jean Moulin!”. È scossa ma allo stesso tempo decisa l’attrice comica Anne Roumanoff (nell’immagine), che giovedì è tornata sul palcoscenico per la prima volta dopo gli attentati che hanno sconvolto Parigi. Come lei, sono molti i comici ebrei francesi che hanno deciso di ridere in faccia al terrore e di sconfiggere la violenza con il sorriso.
Tra loro c’è anche l’umorista di origine marocchina Sophia Aram, che nella sua rubrica del lunedì sul canale radiofonico France Inter non ha nascosto lo scoramento all’indomani degli attentati. “Questo lunedì, ve lo confesso, sono un po’ stanca. Da venerdì sera la questione non è più di sapere se siamo Charlie o meno, se siamo benpensanti o meno, se siamo disegnatori o meno, atei o credenti. Da venerdì sera, abbiamo la conferma, se ne avevamo bisogno, che è sufficiente essere liberi e vivere per essere i bersagli di questi assassini”. Ma allo stesso tempo non ha voluto dargliela vinta: “Da venerdì sera mi dico anche che non resta altro da fare se non tornare a vivere, uscire a teatro, assistere a dei concerti, a delle partite di calcio, a fare dei selfie sulle terrazze dei caffè con un bicchiere di vino in mano, in compagnia di tutti quelli che il caso venerdì scorso ha risparmiato”.
Quel venerdì sera da lei più volte rievocato Sophia si stava esibendo al Palais des Glaces, proprio di fronte a uno dei luoghi degli attentati. La stessa cosa è successa a Roumanoff, la quale si è ritrovata alla fine del suo spettacolo chiusa con centinaia di spettatori nella sala del teatro nel quartiere di place de la République, sempre vicino a quei caffè colpiti, e ci è rimasta per due ore prima che fosse possibile uscire. Dopo la traumatica esperienza, l’attrice ha annullato i due spettacoli successivi – “non mi sentivo capace di far ridere” – ma giovedì ha deciso di tornare sul palco. Certo, ha raccontato, gli eventi hanno reso necessaria qualche modifica nel copione, perché oramai alcune parole “avevano un suono diverso”, come ad esempio uno sketch sui bistrot. Però la sua scelta l’ha premiata, e l’umorista si è detta colpita delle risate e gli applausi del pubblico, più forti del solito. “Le persone sanno perché sono lì – ha osservato – sono fieri di esserci”.
Sono dunque più convinti gli spettatori, ma secondo l’attore e imitatore Gérald Dahan un po’ meno numerosi. “Ci sono stati più annullamenti, la gente ha un po’ più di paura di andare a teatro – ha constatato – e quelli che ci vengono compiono un atto di coraggio e di resistenza come anche noi in scena, ed è questo che bisogna fare, altrimenti i terroristi vincerebbero”. Anche se si dovrebbe poter ridere di tutto, “purtroppo è difficile ridere degli attentati”, sottolinea Dahan, che però non ha modificato i testi dei suoi sketch in nessuna delle loro parti. Nonostante nel suo spettacolo – intitolato “Gérald Dahan tombe les masques” (Gérald Dahan fa cadere le maschere) – vesta i panni di numerosi uomini politici, il comico afferma di non trarre ispirazione da nulla “che riguardi la religione”.
Esattamente una settimana dopo la tragedia, il comico Jean-Marie Bigard, che proprio riempiendo Stade de France a maggio del 2014 aveva festeggiato i suoi sessant’anni coinvolgendo molti colleghi tra cui Claude Lelouch, di origine algerina, e l’israeliano naturalizzato francese Philippe Lellouche, ha iniziato la prima parigina del suo decimo spettacolo con una dedica alle vittime degli attentati.
Un momento di serietà, accolto da lunghi applausi, che non può mancare anche nella vita di chi per mestiere deve far ridere. Così è stato anche per il musicista Pierre Perret, conosciuto per le sue beffe, da molti anni impegnato nella lotta contro ogni forma di razzismo (sua la canzone “La Bête est revenue”, in cui parla del ritorno del fascismo con il Front National e per la quale alla fine degli anni ’90 ha ricevuto varie lettere di insulti). Sul suo profilo facebook, Perret ha diffuso un commosso omaggio alla sua Francia: “la Francia che combatte contro tutti i totalitarismi, tutti i razzismi, tutti gli integralismi, l’oscurantismo e ogni forma di manicheismo, la Francia che ama le parole, le parole dolci, le parole d’amore, e anche la libertà di dire le parolacce, la Francia che non smetterà mai di detestare la parola ‘sottomissione’ e di accudire il termine ‘rivolta’”. La Francia di Pierre è anche “quella di Klarsfeld e quella di Léopold Sedar Senghor, la Francia degli ‘Amanti perduti’ e dei ‘bambini del Vel d’hiv’, la mia Francia è una Francia capace di rispedire al mittente la Bibbia e il Corano se le va di essere atea. Eh sì! La mia Francia è una Francia libera, fraterna ed eternamente non sottomessa ai dictat dei benpensanti”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(22 novembre 2015)