…dissociarsi
Ero alla manifestazione di piazza Santi Apostoli a Roma, Not in my name. Speravo in una buona affluenza di musulmani, erano davvero pochi. Molti giornalisti, qualche vecchio cane sciolto (non si dice più, appartiene al vecchio linguaggio politico di oltre vent’anni fa) come me. Peccato, era un’occasione importante. Sotto la pioggia scrosciante, in presenza di qualche cartello davvero inopportuno, molte affermazioni di dissociazione. Ma basta dissociarsi? O bisogna affermare la propria volontà di lottare contro il Daesh, che è cosa diversa dal dissociarsi, va ben oltre. Momenti alti, la lettura del messaggio del capo dello Stato e il bell’intervento del senatore Luigi Manconi, in cui questo aspetto del “lottare insieme“ era sottolineato con forza. Ho la sensazione che la maggior parte dei musulmani presenti volessero soprattutto affermare che non bisognava fare di tutt’erba un fascio, che loro non volevano essere considerati terroristi. Ora, credo che per quanto questo aspetto sia importante, non sia più quello determinante. Si tratta di decidere da che parte stare, in una strana guerra che c’è già (e invocare la pace come si faceva serve poco). Come fanno le donne curde che combattono l’IS. Non voglio con questo invitare i musulmani ad armarsi contro il terrorismo. Ma ci sono altri modi, per esempio l’invito che è stato fatto da un musulmano francese a denunciare i terroristi, o la possibilità che gli iman predichino sistematicamente contro il terrorismo. Non solo poche frasi di dissociazione, ma un’attiva opera didattica e di predicazione. Mi illudo? No, perché se non pensassi che questo può diventare possibile penserei anche che abbiamo già perso: non solo noi europei, ma con noi anche tutti i musulmani che non sono, che non vogliono essere, come gli assassini del Califfato.
Anna Foa, storica
(23 novembre 2015)