Oltremare – Qui Tel Aviv
Qui Tel Aviv, dove siamo tutti Charlie ogni giorno, come in fondo in tutta Israele. Per chi come me è arrivato dopo la fine dell’ondata di terrorismo kamikaze di inizio anni Duemila, il flip-flop degli elicotteri è un suono di sottofondo, non particolarmente gradevole, ma neanche minaccioso. Gli altri, sanno che quando si alzano gli elicotteri è segno che dall’alto si cercano attentatori fuggitivi, e fanno il tifo. Altre indicazioni del terrore non sono palpabili. Sì, forse qualche volante e qualche poliziotto in più in giro per la città, ma nulla di più. Poliziotti in borghese? Forse, ma si mischiano sufficientemente bene al movimento continuo delle persone, e chi non li cerca non li vede.
Perciò, quando un attentato avviene in città, come giovedì scorso, anche se magari non proprio in centro, i telavivesi si stupiscono, come se noi fossimo vaccinati, o esenti, forse in nome delle sofferenze pesanti del passato. Ci offendiamo persino un po’: ma come, questa è Tel Aviv, la città tacciata di essere fin troppo di sinistra (finchè non si scende in strada a parlare con le persone), con la maggiore concentrazione di votanti per i panda politici che chiamiamo Meretz. Come si permettono di venire a colpire proprio qui?
Non che altrove gli accoltellamenti o gli spari da auto in corsa siano lontanamente giustificabili o anche solo collocabili in una qualche ideologia assassina definibile, che riunisce persone per un fine comune. Nulla di tutto questo. Ma qui, la natura mista, multilingue, multicolore della città stona in modo particolare con il desiderio di distruggere, uccidere e spaventare. Devo controllare al più presto se lungo la tayelet (la passeggiata in riva al mare) il panorama umano cambia ancora ogni trecento metri, includendo coppiette, piccoli gruppi di adolescenti, famiglie musulmane di tre o quattro generazioni e barbecue al seguito, altre coppiette dalle origini indefinibili, turisti biondi, turisti non biondi, cani e molti gatti. Passeggiando tutti, magari non insieme, ma lungo lo stesso tratto di costa.
Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter @d_fubini
(23 novembre 2015)