L’esodo forzato dal mondo arabo
Lutti, sofferenze, rinascita
È la storia di un “esodo forzato”. Una storia che parla di lutti, sofferenza, affetti spezzati. Ma anche di una vita ricomposta. Altrove.
Grande ricchezza e varietà di contenuti al seminario organizzato dall’ambasciata israeliana a Roma nel giorno decretato dal parlamento di Gerusalemme, la Knesset, come momento ufficiale di ricordo ed elaborazione della fuga di intere comunità ebraiche dai paesi arabi.
L’iniziativa si è svolta nella biblioteca dell’Università degli studi Link Campus University con protagonista d’eccezione Haim Saadoun, decano della Open University, membro del Ben Zvi Institute e tra i massimi esperti internazionali in materia, introdotto nell’occasione dall’ambasciatore Naor Gilon e dal magnifico rettore dell’ateneo Adriano De Maio.
Preziose inoltre le riflessioni del Consigliere UCEI Victor Magiar, che a quelle ferite ha dedicato un libro, “E venne la notte”, prossimamente in ristampa con Giuntina; dello storico Alberto Melloni, che ha riscontrato significative assenze storiografiche su quelle che furono le posizioni delle chiese del Maghreb in quegli anni; dell’analista Fabio Nicolucci, che ha approfondito l’assenza dei mizrahim (gli ebrei giunti dai paesi arabi) nel discorso politico e storico della sinistra europea. A trarre le conclusioni il presidente della Link University Vincenzo Scotti.
“C’è stato insegnato a vivere questa vicenda in modo positivo. Il trauma è stato terribile, ma non ci sentiamo degli sconfitti. Tanti come me – ha ricordato Magiar, fuggito da Tripoli bambino – hanno conquistato indipendenza e libertà in questo paese”.
Fervono intanto i preparativi per un’articolata narrazione del cinquantenario dell’arrivo di centinaia di nuclei ebraici libici a Roma. Una lunga storia di integrazione tracciata nel corso di un workshop coordinato dal dipartimento per i Beni e le Attività Culturali della comunità ebraica cittadina, le cui prospettive sono raccontate sul numero del giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica in distribuzione.
Ebrei di Libia a Roma, un anniversario carico di aspettative
È il 1967 quando gli ebrei libici, particolarmente numerosi nelle città di Tripoli e Bengasi, sono costretti ad abbandonare il paese per sfuggire ai pogrom e alle violenze. Centinaia di famiglie arrivano a Roma dopo aver lasciato dietro di sé i loro beni, le loro case ma soprattutto i loro sogni. Seguono anni difficili nei quali bisogna ricostruire la propria vita e integrarsi nella comunità ebraica più longeva della storia. Anni in cui si mantengono vive le tradizioni nelle case e a scuola spesso capita di sentirsi diversi. A quasi cinquant’anni di distanza da quell’anno drammatico e allo stesso tempo cruciale, gli ebrei tripolini supportati dalla Comunità romana si danno appuntamento per decidere la strada giusta da percorrere per celebrare questo anniversario e riportare alla luce una vicenda ancora sconosciuta a troppi. Ma quale è il giusto mezzo per raccontare una storia di migrazione, dolore, integrazione ma anche miracolosa sopravvivenza e rinascita? A chiederselo il workshop sugli Ebrei di Libia organizzato lo scorso mese presso l’Oratorio Di Castro e coordinato dal dipartimento per i Beni e le Attività Culturali della Comunità ebraica diretto da Claudio Procaccia. La giornata si è articolata in quattro sessioni dedicate alla Memoria e alle tradizioni, agli aspetti finanziari e di comunicazione dei progetti, agli studi politici e socio‐economici e ai materiali e le fonti documentali. “In questo incontro preliminare – spiega Procaccia – abbiamo affrontato le diverse tematiche legate al cinquantenario con gli esperti di settori diversi e abbiamo esaminato le varie strade da percorrere. Quello che mi ha colpito è stata sicuramente la voglia di collaborare tutti insieme e l’auspicio a rendere internazionale l’evento”.
“I prossimi passi – prosegue – si concentreranno sulla formazione di una com‐ missione che vaglierà le proposte di progetti che ci arriveranno e solo dopo questa fase programmeremo un nuovo incontro”. Tra i partecipanti al workshop Raphael Luzon, autore del libro autobiografico Tramonto libico (ed. Giuntina); Miriam Haiun, direttrice del Centro di cultura ebraica; Claudia Fellus, vicepresidente della Comunità con la delega a Formazione e Innovazione, che hanno condiviso le loro opinioni e impressioni con Pagine Ebraiche.
“Quando nel 2007 ci fu il quarantennale dell’esodo dalla Libia – racconta Luzon – organizzai a Londra un grande convegno al quale parteciparono oltre trecento persone e al quale venne persino una delegazione inviata da Gheddafi. Fu una serata indimenticabile che vide la presenza non solo degli ebrei libici, che a Londra non sono così numerosi, ma degli arabi musulmani provenienti dalla Libia. Per il cinquantenario penso sia interessante non concentrare tutto in un solo grande evento ma organizzare una settimana dedicata alle diverse peculiarità degli ebrei libici: dagli usi alla gastronomia ai costumi tradizionali, che si continuavano ad indossare fino agli anni ’50. Credo sia importante infine che gli aspetti tecnici siano nelle mani di professionisti”.
Ma a che punto è, a quasi cinquanta anni di distanza, l’integrazione degli ebrei libici all’interno della comunità ebraica romana? “Penso che basti vedere il numero sempre crescente di matrimoni tra giovani romani e giovani le cui origini sono tra Tripoli e Bengasi per rendersi conto del livello di inserimento. Quello che però mi piace sottolineare ‐ dice Luzon ‐ è che nonostante questo, all’interno delle case si continuano a mantenere vive le tradizioni: attraverso cibi, rituali tradizionali e piccole sinagoghe che continuano a nascere e che vedono giovani della seconda generazione tra gli animatori principali”.
“Il fatto che si sia fatto un convegno unitario – aggiunge Miriam Haiun – è molto importante. Vedersi due anni prima ha permesso di mettere in ballo tante proposte su questi temi. Gli impulsi sono molto diversi: si sono proposti spettacoli teatrali, un libro o un film. Ora bisogna solo decidere come focalizzare l’attenzione”.
“Non penso solo che l’integrazione ci sia stata – aggiunge Haiun – ma ritengo che la comunità libica abbia dato molti input a quella romana, un’impressione confermatami anche dalle diverse interviste raccolte per il sito Memorie Ebraiche”.
“Credo che sia molto importante coinvolgere gli ebrei libici nell’ideazione dei progetti dell’anniversario e ricevere da loro suggestioni. Certo ‐ afferma Claudia Fellus ‐ queste suggestioni devono poi trasformarsi in realtà”. L’integrazione a cinquant’anni dall’arrivo a Roma? “È stato un vero e proprio miracolo. Ora la sfida più importante è che il patrimonio culturale non svanisca, quel mondo fatto di odori e di sapori con il quale siamo cresciuti. Le nuove generazioni ‐ l’auspicio di Fellus ‐ devono raccogliere il testimone e mantenere un equilibrio tra memoria e futuro”.
Rachel Silvera, Italia Ebraica dicembre 2015
(1 dicembre 2015)