Segnalibro – Metz Yeghern, il Grande Male
nei ricordi di un bambino
Immaginatevi di assistere con i vostri occhi al genocidio degli armeni perpetrato dai giovani turchi dell’Impero ottomano; di vedere i contadini deportati, le donne violate e vendute come schiave, i bambini abbandonati. Ora però, immaginatevi di essere testimoni di una tragedia tale e avere solo tredici anni.
Sono queste le premesse con le quali è stato presentato Haigaz chiamava: ‘Mikael… Mikael’ (Libri liberi editore), il libro scritto da Michel Mikaelian (1901-1984), sopravvissuto al genocidio armeno, e curato da suo nipote, Alessandro Litta Modignani, con la postfazione di David Meghnagi. Protagonista di una serata al Centro Ebraico Pitigliani, il volume è stato discusso dallo storico Claudio Vercelli e dallo stesso Litta Modignani, moderati dal presentatore televisivo Alessandro Cecchi Paone.
“Il libro di Mikaelian è un documento fortissimo – introduce Cecchi Paone – che racconta una storia andata a buon fine, immersa nella tragedia di una famiglia distrutta. Una tragedia che a distanza di 100 anni ancora viene negata e non è stata mai riconosciuta da tutti i governi turchi che si sono succeduti”.
A dare il proprio saluto, il presidente del Pitigliani Ugo Limentani: “Questa istituzione, che in origine era un orfanotrofio, non può che esprimere la propria solidarietà verso il popolo che ha subito il primo genocidio del Novecento. Mi ricordo che scoprì la drammatica storia degli armeni a Gerusalemme e non credo sia un caso”. “Ho avuto occasione di parlare diverse volte con l’ambasciatore armeno – ha aggiunto la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello – e ci siamo ritrovati a condividere nel profondo questa lacerazione interna che ci unisce. Qualche giorno fa, durante un evento alla Camera dei Deputati, abbiamo rilevato l’urgenza di parlare di ciò che è stata la Shoah e il Grande Male: dobbiamo fare fronte comune perché non venga uccisa la Memoria e perché le Istituzioni proseguano la loro lotta contro il negazionismo”.
Claudio Vercelli analizza il fenomeno del genocidio, creando un parallelo tra la Shoah e la tragedia armena: “Entrambi i fenomeni – spiega – sono accomunati dal carattere intenzionale e da una volontà delle autorità che non tocca solo un piano giuridico ma anche politico e morale. Ci sono diversi elementi che contrassegnano un genocidio: per prima cosa, la consensualità degli apparati pubblici, in secondo luogo il diritto di prevaricazione. I responsabili, infatti, negano di aver fatto ciò che hanno fatto ma paradossalmente vogliono dimostrare che il popolo perseguitato avrebbe meritato la persecuzione. Il nazionalismo turco si basa infatti proprio su questa negazione”.
“Quando si nega – prosegue – si chiedono poi prove dell’intenzionalità di quel gesto. La radice del genocidio è riconoscibile infine anche dalle deportazioni sistematiche che arrecano prima la perdita della dignità e poi quella della vita stessa e dalla strategia dell’illazione. I giovani turchi, prima di compiere il misfatto vogliono gettare ambiguità sul popolo perseguitato, sottolinearne le differenze con il folle obbiettivo di ‘purificare l’umanità’”. “Il vero problema di fronte a questi fenomeni – conclude Vercelli – è il riconoscimento di quello che la maggioranza ha lasciato fare, il consenso di fondo”.
“Questo libro – prende la parola Litta Modignani – porta alla luce una questione storica di grande attualità, filtrata dagli occhi di un giovane ragazzo. Mio zio viveva nell’Anatolia centrale nei pressi di una delle province armene e doveva iniziare il collegio americano ma era ancora troppo piccolo, quindi si prese una vacanza. Durante quel periodo iniziò a sentire i vecchi del paese presagire la tragedia incombente. Lui ripeteva loro come le loro fossero paure ancorate al passato. Purtroppo i presagi erano giusti: prima gli uomini adulti vennero prelevati e uccisi mentre le donne furono violentate e convertite a forza. I bambini persero la loro innocenza. Residenti lì da millenni, gli armeni vennero deportati e uccisi”.
In conclusione, è stato letto un messaggio inviato dall’ambasciatore armeno Sargis Ghazaryan: “Il mancato riconoscimento del genocidio da parte dei governi turchi – scrive – è una piaga ancora aperta per ogni armeno. Quello che è avvenuto cento anni fa è stato il primo crimine di lesa umanità che ha disumanizzato il suo carnefice. La nostra responsabilità oggi è avere piena coscienza dei fatti storici e perpetuare la testimonianza strappandola all’oblio, da sempre terreno fertile per nuovi crimini. La resilienza del popolo armeno è la speranza in risposta al Grande Male”.
r.s. twitter @rsilveramoked
(1 dicembre 2015)