Nostra Aetate, segno vivo

IMG_20151202_102545La Nostra Aetate, a cinquant’anni dalla sua emanazione, ha segnato una tappa fondamentale nel dialogo tra Chiesa cattolica ed ebraismo. Il significato di questo documento, dedicato alle relazioni con le religioni non cristiane, è, a distanza di mezzo secolo, oggetto di approfondimenti e riflessioni come dimostra la giornata di studi organizzata nelle scorse ore a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana. Tra i protagonisti dell’incontro, a cui ha partecipato il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni assieme a Raymond Cohen, docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, e al cardinale Kurt Koch. “In un periodo come questo il dialogo tra le religioni assume un ruolo particolarmente importante – ha dichiarato in apertura l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Zion Evrony – e deve essere fondato sul rifiuto dell’estremismo religioso e dell”uso della violenza nel nome di Dio”. Evrony, che ha ricordato come la giornata di studi sia nata dalla collaborazione tra l’ambasciata e la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha sottolineato come la Nostra Aetate sia stato il primo passo di un cammino che deve continuare e che deve essere portato avanti sia nei rapporti tra Chiesa cattolica ed ebraismo, sia tra la prima e Israele. Per l’ambasciatore, poi, l’auspicio è che il suo messaggio si diffonda in tutta la realtà cristiana. Ha invece descritto come un “paradosso” la storia della Nostra Aetate rav Di Segni, affermando che il documento ha “entusiasmato molti ma molti di più ne ha delusi. Malgrado tutti i suoi difetti – ha però aggiunto – ha comunque segnato un cambiamento epocale” nei rapporti tra ebraismo e cattolicesimo.
A testimonianza delle perplessità con cui fu accolta l’emanazione della Nostra Aetate da una parte del mondo ebraico, il rav ha ricordato le impressioni espresse allora da rav Elio Toaff, una delle figure più autorevoli del Novecento, ricordata per il suo apporto al dialogo interreligioso. “Toaff fu molto cauto nel suo giudizio – ricorda rav Di Segni, citando il volume Le chiese cristiane e l’ebraismo – 1942-1982 – e dichiarò che gli ebrei avrebbero potuto giudicare quelle parole solo se ad esse fossero seguiti i fatti”. “Il mondo ebraico guardò con grande attenzione al risultato del Concilio vaticano II e ne mise in risalto i limiti, in parte superati dall’evoluzione successiva”, spiega Di Segni, ricordando come lo stesso cardinale Agostino Bea, protagonista della redazione della Nostra Aetate, si espresse chiaramente contro l’accusa di deicidio ma dall’altra, in alcuni suoi scritti, ripropose la teoria della sostituzione (il cristianesimo come il nuovo popolo di Dio, in sostituzione dunque di quello vecchio ebraico). Guardando poi al presente, il rav ha affermato che “nell’attuale scenario vi è un triste protagonismo della fede, con scontri di cultura e religione. È nostro dovere come rappresentanti delle religioni di trovare ciò che ci unisce”.
Secondo il professor Cohen la Nostra Aetate “ha gettato le basi per la mutua comprensione” in particolare tra mondo ebraico e cattolico, per la costruzione “di un dialogo fraterno”. Il professore ha inoltre ricordato l’impegno attuale delle istituzioni in Israele, in particolare del Presidente dello Stato Reuven Rivlin, a mantenere la convivenza pacifica tra le varie anime e religioni presenti nella società israeliana e a condannare ogni forma di intolleranza.
All’evento (che ha visto anche un intermezzo musicale del Gabriel Coen Duo) è stata presentata da rav Avraham Cooper la mostra “Un popolo, un libro, una terra: i 3.500 anni di relazioni tra il popolo ebraico e la Terra Santa”, organizzata dal Centro Simon Wiesenthal assieme all’Unesco.

Daniel Reichel

(2 dicembre 2015)