La terza visita e il futuro del Dialogo
Diverse reazioni nel mondo ebraico all’annuncio della visita di Bergoglio nel Tempio Maggiore di Roma. “L’annuncio di questa visita è un fatto davvero significativo, anche alla luce del particolare momento che stiamo attraversando. In mesi in cui le chiese e le sinagoghe tornano ad essere minacciate, il messaggio che si vuole lanciare è infatti inequivocabile. Per combattere la barbarie, serve collaborazione e unità di intenti da parte di tutti i leader religiosi”.
Presidente della Fondazione Cdec e Consigliere UCEI, Giorgio Sacerdoti vede nell’evento l’ideale prosecuzione del cammino percorso dal 1965 ad oggi nel solco della dichiarazione Nostra Aetate. Cinquant’anni di confronto e dialogo che, sottolinea, “continuano a produrre ottimi frutti”.
Scettico invece Sergio Minerbi, ex ambasciatore dello Stato d’Israele a Bruxelles e grande esperto di relazioni ebraico-cristiane. “Mi spiace, ma il paragone con il suo predecessore è impietoso. Basti pensare ai molti passi falsi di Bergoglio in neanche tre anni di pontificato, non ultimo lo sgradevole riferimento ai farisei della primavera del 2014. E insieme a quello tanti altri scivoloni che – afferma – hanno generato più di una inquietudine”. L’ex ambasciatore prosegue: “C’è una vulgata che lascia intendere cose straordinarie di Bergoglio e gli ebrei, ma io ritengo di esserne immune. Per me resta l’esempio, insuperabile, di Ratzinger. Che sarà pure stato antipatico, e sono io stesso testimone diretto di una non spiccata affabilità, ma ha lasciato davvero il segno. Anche nella sua poderosa storia della vita di Cristo in tre volumi, dove ha smontato con chiarezza i veleni e le ricostruzioni fallaci che sono state proprie per secoli dell’antisemitismo cattolico”.
“La mia sensazione è che l’assunto ‘Ebrei fratelli maggiori’ non sia più appannaggio di una sola élite istruita ma sia ormai radicato nella coscienza collettiva cattolica. È un fatto storico, un vero e proprio punto di svolta. Non rendersene conto – rileva invece Sacerdoti – sarebbe una leggerezza”. Anche perché, prosegue, la prospettiva del dialogo appare oggi radicalmente mutata rispetto al recente passato: “Ho la sensazione che alcune volte si tendano ancora a mettere i cosiddetti puntini sulle i. Per certi versi un fatto comprensibile. Ma per altri molto meno perché – viene osservato – è davvero difficile pensare oggi che i cattolici, attraverso le nuove dimostrazioni di amicizia, puntino come un tempo a una nostra conversione”.
Per Minerbi il rischio è che questa visita possa essere “aria fritta”. A meno che, sottolinea, non ci sia un “deciso cambio di rotta” nell’azione e nei comportamenti del papa argentino. “La mia impressione è che Bergoglio, oltre la superficie e oltre il carattere mediatico del suo personaggio, sia profondamente nella scia del Vangelo. Ma non tutto quello che è scritto nel Vangelo – dice Minerbi – fa comodo che venga citato”. Servirebbe un aggiornamento ispirato alla strada percorsa da Benedetto XVI, incalza il diplomatico. “Ma le sue parole, molto importanti, purtroppo non sono state ancora riconosciute come base della dottrina cattolica”.
Al contrario, il presidente del Cdec dice di apprezzare il carisma e l’empatia testimoniate da Bergoglio: “Nel modo che ha di svolgere il proprio incarico spicca un con- cetto: la valorizzazione profonda dei sentimenti umani, l’affetto piuttosto che la ritualità, i contenuti piuttosto che la forma. Un messaggio valido anche per noi, nelle molteplici e diverse declinazioni della vita ebraica”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked Pagine Ebraiche dicembre 2015
(2 dicembre 2015)