Dove andiamo
“Où allons-nous?” Domanda infine il titolo di un celebre dipinto del 1898 di Paul Gauguin. E quel “dove stiamo andando” dovrebbe rimbombare in ognuno di noi in questi giorni di svolte e d’incertezza.
Chi può sapere se il Cop21, la conferenza sul clima di Parigi, porterà realmente a un accordo vincolante, e quindi a dei cambiamenti, a invertire quella tendenza nefasta che porterebbe il nostro pianeta a un punto di non ritorno, alla catastrofe. Come è stato evidenziato negli ultimi giorni su alcune testate giornalistiche, il mutamento del clima graverà ulteriormente, oltre che sulle catastrofi naturali, su conflitti e assetti economici e politici, portando poi anche a nuove migrazioni di massa. I buoni propositi da parte dei governanti riuniti a Parigi probabilmente ci sarebbero, ma forse non bastano, come per la lotta al terrorismo, sembra che in fondo manchi ancora determinazione e forza di volontà, e del resto non sono affatto pochi coloro che continuano a negare l’esistenza del riscaldamento globale e delle sue probabili conseguenze. Ma se il mutamento del clima potrebbe essere per ancora qualche anno un argomento non pienamente verificabile, non lo è al tempo stesso la devastazione selvaggia degli ecosistemi, la produzione di tonnellate di rifiuti, l’inquinamento dell’aria e delle acque, l’estinzione di specie animali e vegetali o le diseguaglianze e la scarsità di risorse nelle aree più povere delle terra. Ingenuo sarebbe credere che tutto ciò non peserà in nessun modo sul nostro futuro, che il mondo e la sua popolazione sia in grado di reggere nella sua limitatezza qualunque direzione distruttiva intraprenderà il genere umano solo perché giustificata nel nome del “progresso” e di uno sviluppo divenuto insostenibile.
Il Tikkun ‘Olam passa quindi anche nella riparazione delle storture dell’uomo, nella preservazione del creato, nel quale D-o nella sua infinità diventa a noi in qualche modo riconoscibile.
Francesco Moises Bassano
(4 dicembre 2015)