La rassegna settimanale di melamed
Notizie che non lo erano

melamedbannerMelamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da più di tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri. Per visualizzare la newsletter settimanale di melamed cliccare qui.

Notizie che non lo erano

È con ironia e disincanto che Antonello Caporale racconta la vicenda dei canti di Natale alla scuola di Rozzano, che occupa questa settimana la quasi totalità della rassegna stampa coinvolgendo praticamente tutte le testate nazionali. Scrive: “Il professor Parma, che pare un uomo mite e ragionevole, ha mostrato in un comunicato insieme asettico e perfido la carneficina di verità che si è fatta, il banchetto del falso al quale hanno preso parte tutti.” Sono passati diversi giorni, sono state fatte dichiarazioni e stampate molte pagine prima che diventasse chiaro che la vicenda non corrisponde a quanto raccontato in maniera almeno parazialmente strumentale pescando nell’emotività che pare dominare il comune sentire. Continua Caporale: “A Rozzano ieri si è misurata la distanza che separa l’apparenza dalla realtà, il vero dal falso. L’ultimo stadio della fabbrica delle notizie ha avuto per protagonista il professor Marco Parma, reo di aver vietato la celebrazione del Natale, di aver fatto togliere i crocifissi dalle aule e umiliato la religione cattolica annullando il concertino nell’istituto che dirige. (…) Nessuno, nei giorni scorsi, si è curato di domandare al preside se i crocifissi li avesse davvero tolti, il concertino annullato, e il Natale svenduto ai fanatici del terrore. Non l’hanno fatto i politici ma nemmeno i giornalisti che anzi hanno propalato (e con qualche compiacimento) il tondo falso di Rozzano. Cosicché ieri il professor Parma ha stilato in un linguaggio freddo ma inappuntabile, la sequela di sfondoni. ‘Non è mai stato tolto un crocifisso perché la scuola non ne ha mai avuti alle pareti. Mai è stato annullato il concertino di Natale perché mai è stato organizzato. L’unico diniego che ho opposto riguarda la richiesta di due mamme che avrebbero voluto entrare a scuola nell’intervallo mensa per insegnare canti religiosi ai bambini cristiani: cosa che continuo a considerare inopportuna’”. (Il Fatto Quotidiano, 1 dicembre)
Lo stesso giorno su Repubblica è Michele Serra che in un articolo intitolato “Non fate del presepe una bandiera” racconta così la vicenda: “Quasi per imporre militarmente la ricristiaizzazione di un territorio sconsacrato, ieri una scuola elementare di Rozzano (Milano) è stata meta di una chiassosa processione politica pro-presepe ( bambinelli portati da bambinoni ). Una risposta sguaiata e prepotente al problema — vero — di come conciliare tradizioni non solamente religiose, come quella natalizia, con la difficile convivenza tra culture. Il dirigente scolastico sotto accusa, dimissionario, ha tenuto il punto con molta dignità, spiegando di non avere censurato niente e nessuno, ma solo respinto la proposta di un paio di madri che volevano, diciamo cosi, imporre la loro play-list confessionale. Dato per possibile e anzi per probabile il fraintendimento mediatico, rimane la delicatezza di una questione letteralmente minata dalla drammatica contingenza storica ( una “guerra santa” che ormai gronda sangue) e aggravata dalle intolleranze, al plurale, che impediscono di ragionare e fanno perdere di vista anche le poche certezze.” Definisce “indiscutibile” la tradizione cristiana dell’Italia, ma sostiene che “non deve essere rimossa, o snaturata, per non urtare suscettibilità troppo suscettibili. Peggio per i suscettibili. Guai ai suscettibili.” Però, continua Serra, “questa identità, se viene brandita come un’arma, non importa se di difesa o di offesa, diventa una imposizione escludente e detestabile, e non solamente in linea di principio, ma in linea pratica: perché esistono italiani cattolici, italiani musulmani, italiani ebrei e italiani atei (per non dire delle altre infinite variabili). E dunque è fondamentale, per una scuola pubblica degna di questo nome, non solamente sembrare ma addirittura essere “scuola di tutti”, inclusiva di ogni identità e di ogni cultura. È difficile? Si, è difficile.”
Su La Stampa, il 28 novembre, si raccontava già una storia un po’ diversa da quella su cui in tanti hanno continuato e continuano a dibattere, a partire dalla descrizione dell’ambiente di lavoro del preside della scuola di Rozzano: “Un crocifisso in segreteria. Un’immaginetta di Cristo con tanto di ramo di ulivo dietro la scrivania. ‘C’era già prima, non la tolgo. Ce l’ho pure a casa’, si schermisce Marco Palma, direttore dell’Istituto Garofani di Rozzani, scuole materne elementari e medie, 1000 alunni, 200 stranieri. Crocifisso pure lui per aver bandito i canti religiosi dalla festa di Natale e non aver reintrodotto simboli cristiani nelle aule, tolti 14 anni fa ai tempi dell’ultima ristrutturazione e mai rimessi. Qualche genitore gli ha scritto mail non simpatiche. La politica si è sollevata. Ma lui tira dritto: ‘Io penso soprattutto a non creare imbarazzo o disagio a qualcuno. Se nelle classi decidono di fare diversamente possono farlo… Penso ai genitori di bambini stranieri o ai tanti alunni non cristiani. Mi spiace che le beghe dei grandi ricadano sulla testa dei ragazzi'”. Molti sono i politici che sono intervenuti, da Matteo Salvini a Mariastella Gelmini, ex ministro all’istruzioneche ha chiesto chiede l’intervento del suo successore. Intanto i grandi litigano ma nella testa dei ragazzi c’è altro e Yussef, di origini nordafricane, nato in Italia, si stringe nelle spalle del suo giubbottone blu: “A me non interessa se mettono il crocifisso nelle classi. Non mi dà fastidio. Sono i grandi che litigano per queste cose”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(4 dicembre 2015)