Il settimanAle
Le tribù smarrite
“Una confederazione di due stati, Israele e Palestina, è l’unica soluzione”, avrebbe detto il Presidente Rivlin a un gruppo di giornalisti stranieri, secondo quanto riportato dalla radio israeliana il 3 dicembre. Affrettandosi a precisare che i due stati dovrebbero avere lo stesso esercito, uno solo, quello di Israele (come per l’Armando di Jannacci: stessa donna, una sola, la mia). Si tratta comunque di un passo avanti importante per Rivlin, che proviene dalla destra del Likud e si era finora detto contrario alla creazione di uno stato palestinese. L’elezione a Presidente, lungamente contrastata da Netanyahu, sembra avergli infuso il coraggio di adattare le posizioni politiche a quell’umanità che anche gli avversari gli hanno sempre riconosciuto. Il passo precedente l’aveva compiuto alla conferenza di Herzliya, a Giugno, con lo storico discorso delle “quattro tribù” – una sono gli arabi israeliani – dalle proporzioni quasi equivalenti fra le generazioni future. Dopo sei mesi e molteplici accoltellatori suicidi, dev’essersi accorto che sopravvivono in qualche modo ancora due tribù, i palestinesi della Cisgiordania e quelli di Gaza, e che l’idea della confederazione consentirebbe forse di salvare il salvabile dell’ebraicità d’Israele.
Ma come si pongono altri, nella destra israeliana, di fronte al permanere, al di qua del Giordano, di oltre quattro milioni di palestinesi cui è negata sia la cittadinanza israeliana che quella di un qualsiasi altro stato? La reazione di Ben-Dror Yemini, il commentatore di Yediot, è rabbiosa: il 4 dicembre si chiede come mai quasi nessuno abbia ricordato l’espulsione degli ebrei dai paesi arabi, nonostante l’istituzione della data ufficiale del 30 novembre come ricorrenza di questa Nakba ebraica. Sono loro, per Yemini, le vere tribù smarrite, almeno dalla nostra coscienza. Il colpevole della rimozione individuato da Yemini è sorprendente: sarebbero i finanziamenti dall’estero a Breaking the Silence, l’associazione di soldati israeliani che denunciano le violazioni dei diritti umani dei palestinesi. Gli attivisti di Breaking the Silence Yemini li vede come mero strumento di una macchinazione internazionale volta a farci distogliere lo sguardo dalla vera questione, l’espulsione degli ebrei dalla Libia e dall’Iraq.
Ben più positiva e costruttiva la reazione del movimento Chabad: se i palestinesi dopotutto esistono ancora, sarebbe il caso che cominciassero almeno ad osservare i precetti Noachidi. Ecco allora che Chabad si è impegnata, come riferiscono Heller e Novitsky su Ynet del 4 dicembre, all’erezione di 100 mila cartelli con l’immagine del Rebbe e l’invito in arabo ad uniformarsi alle Sette Leggi di Noè, che valgono anche per le tribù non propriamente mosaiche. Di cartelli ne sono già stati distribuiti a centinaia, ed è in corso una campagna per raccogliere i finanziamenti necessari – ogni grande impresa, si sa, richiede sponsor generosi.
Alessandro Treves, neuroscienziato
(6 dicembre 2015)