Chanukkah 5776
Otto luci, un’identità viva
Mai come in questi tempi difficili c’è bisogno di luce. È la luce della civiltà, del coraggio, di un’identità, quella ebraica, che ha saputo resistere a millenarie vessazioni e difficoltà, consapevole del proprio passato e al tempo stesso protesa verso il futuro.
Rinnovata in questo solco la collaborazione tra la redazione e il Museo dei Lumi di Casale Monferrato che per Chanukkah, la festa ebraica delle luci che avrà inizio nelle prossime ore, ha donato ai nostri lettori uno sguardo in anteprima alle nuove opere che troveranno collocazione nell’esposizione permanente.
Chanukkah sameach!
Pietro Bestetti
43 x 72 x 10,5 cm
Bassorilievo ligneo e inserti colorati
con smalto e acrilici
L’immagine della figura tracciata dall’artista è la sagoma universale di un’umanità senza definizione di genere, razza o altra categoria. In questo contesto, gli otto lumi rappresentano la ragione che attraversa ogni atto creativo, cui lo shammash ‒ all’estrema destra e di colore rosso ‒ dà origine. L’ordine delle sfere contrassegna così il ritmo e la dialettica che da sempre contraddistinguono il progredire sociale; l’affermazione della luce è quindi per Bestetti l’affermazione di una ragione unica, universale per tutta l’umanità.
Il labirinto
6,5 x 30 x 30 cm
Alluminio e legno
Un labirinto, un muro, una strada difficile ma necessaria per arrivare alla pace. I passaggi che raccordano un lume con l’altro sono complessi; le difficoltà di relazione, le separazioni sedimentate e irrigidite non facilitano le relazioni umane. L’artista ha così evidenziato il suo pensiero sulla luce, quella che dovrebbe illuminare l’agire umano in ogni azione, cosa che spesso non avviene. Dentro il labirinto si trova la luce che illumina la strada della verità. Lo shammash è ben visibile perché di altezza superiore e con il portalume in alluminio colorato.
Lume di Chanukkah
31 x 40 x 22 cm
Ceramica
La materia è la terra, cioè l’argilla morbida e duttile con cui si crea la ceramica, nella forma di un parallelepipedo, sul quale poggia un elemento semiellittico con sfumature scure e lucide, al centro del quale si inserisce lo shammash, mentre dentro la base rettangolare sono collocate le otto candele più piccole. L’opera rappresenta la libertà di pensiero nel senso più alto, libertà di valersi dell’intelletto senza condizionamenti per esprimere il proprio credo, senza subire violenza né limiti che non siano la legge morale e il rispetto della libertà altrui. Tutto ciò attraverso la luce interiore che ognuno deve cercare per se stesso.
Ma’ashe Merkavah
43 x 10 x 6,5 cm
Ottone trattato con acido
Pampaloni, Firenze
Donata da David e Irit Palterer in memoria dei loro genitori
Il fascino del “mistero” del ma’ashe merkav(b)ah (carro di fuoco) ci induce alla ricerca di un significato, nonostante la consapevolezza ‒ per il peccato originale ‒ che il significato stesso sia sfuggente, o si presti a illimitate interpretazioni. L’opera è la metafora di questo pensiero: fa riferimento a Ezechiele (cap. I), attinge al racconto della salita in cielo, su un carro infuocato, del profeta Elia e, allo stesso tempo, all’immaginario dei “souvenir di Bezalel”, alludendo al ritrovamento di uno scavo archeologico; una retorica fatta di luoghi comuni che si conciliano con la necessità dell’uomo di perpetuare un’antica ritualità.
Shalom
95 x 158 x 30 cm
Carta da quotidiano, bobine tipografiche
L’opera è costituita da un basamento in acciaio acidato, sul quale sono allineati verticalmente e in successione nove cilindri di cartone. Si tratta di bobine di stampa ‒ concesse dalla tipografia del Corriere della Sera di Milano; otto di queste sulla parte finale del foglio presentano stratificazioni e manipolazioni della carta non impressa da cui sono composte. Il cilindro centrale, realizzato con fogli di giornale stampati e colorati, rappresenta lo shammash. Al piede la parola Shalom è composta in caratteri mobili e resa solidale alla struttura.
Portatori di luce
99,5 x 99,5 cm
Stampa fotografica
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Laboratorio Center Chrome, Firenze
Non un’intuizione ma un progetto. Nove figure di bambini, portatori di luce, sono ripresi all’ingresso della sinagoga di Casale Monferrato. Una figura centrale, femminile, generatrice di speranza che accende tutte le altre, dove la luce è essa stessa il mezzo espressivo, che consente la realizzazione dell’immagine fotografica. Un progetto site specific come contributo all’arte e al “farsi luce”.
Memoria di Luce
150 x 21 x 33 cm
Legno marino naturale grezzo, tempera.
Basamento in legno abete levigato, angolari in ferro
L’opera è concepita come il ramo di un albero, “denudato” dall’acqua del mare, corroso dal sale, che resiste alle intemperie, ma ha dentro di sé una luce potente. Legno che arde al suo interno. Alla sommità del ramo lo shammash, piccola anima che continuerà ad ardere senza consumarlo, fiamma che genera nuova luce. Altre otto fiaccole come costole si curvano a proteggere la fiamma originaria e danno nuova vita. L’artista ha pensato a un’opera primitiva. Un legno nudo simbolo di resistenza alle avversità, che porta dentro di sé la memoria di un continuo rinnovamento. L’albero della vita da cui nasce la luce.
Fotografie di Dario Canova, schede tecniche di Cristina Mancini
da Italia Ebraica, dicembre 2015
(6 dicembre 2015)