Mark Zuckerberg vs Donald Trump
“Da ebreo, difendo la libertà di tutti”
Limitare la libertà di una comunità costituisce un pericolo per tutta la società. In nome di questo principio, il creatore di Facebook Mark Zuckerberg ha deciso di non rimanere in silenzio dopo le ultime dichiarazioni choc del magnate Donald Trump che, in corsa per conquistarsi la poltrona della Casa Bianca, ha prima invitato a non far entrare più musulmani in America e poi suggerito di chiudere il flusso libero del web, “almeno in alcuni paesi”, per arginare il terrorismo.
“In quanto ebreo – scrive Zuckerberg sul proprio profilo del social network – i miei genitori mi hanno insegnato che dobbiamo ribellarci agli attacchi rivolti a tutte la comunità. Anche se oggi l’attacco non è rivolto a te, con il passare del tempo gli attacchi alla libertà di qualcuno nuoceranno tutti”.
L’identità ebraica e il principio della tutela delle minoranze hanno spinto il giovane magnate americano a lanciare il suo messaggio in supporto alla comunità musulmana: “Se sei un musulmano che fa parte di questa community – continua – come proprietario di Facebook, voglio che tu sappia che sarai sempre il benvenuto e che combatteremo per proteggere i tuoi diritti e creare uno spazio di crescita pacifico e sicuro”.
Proveniente da una famiglia ebraica, il padre Edward (dentista), la madre Karen (psichiatra), a White Plains, Zuckerberg ha raccontato: “Sono cresciuto ebreo a New York: se avevi mezzo cervello i tuoi genitori volevano per te una carriera da medico o da dentista. Io ero un po’ più il tipo da numeri”. A 13 anni non smentisce il proprio carattere da geek, secchione, e decide di celebrare la festa del suo bar mitzvah seguendo il tema della saga di Star Wars.
Non particolarmente osservante (il suo matrimonio interreligioso ha causato qualche dibattito tra i rabbini americani e la stampa ebraica), non rinuncia però alle tradizioni: sul proprio profilo non manca di comunicare le ricorrenze ebraiche con un tocco personale; per ultima, la foto del suo cagnolino social, Beast, che augura un buon Chanukkah.
Per Rosh Hashanah, l’entrata nell’anno ebraico 5776 ha scritto: “Voglio augurare Shana Tovà a tutti coloro che festeggiano Rosh Hashanah, l’anno ebraico. Esso è un momento per riflettere sul tempo limitato che passiamo in questo mondo in modo da vivere più pienamente. La mia preghiera ebraica preferita si chiama Mi Shebeirach e ha un verso che mi ha sempre toccato e sul quale rifletto quando affronto i cambiamenti: ‘Aiutaci a trovare il coraggio di rendere le nostre vite una benedizione’. Spero che abbiate un fantastico anno di fronte e che troviate il coraggio di approntare una svolta positiva e significativa per il mondo”.
Ad essersi riavvicinata alla propria identità ebraica è poi sua sorella, nonché ex braccio destro, Randi che ha voluto condividere con il popolo del web il valore dello Shabbat. Nel suo libro Dot Complicated, ha suggerito di adottare lo ‘Shabbat digitale’; un momento per spegnere i propri telefoni e computer e comunicare con le persone faccia a faccia nella stessa stanza. Secondo Randi bisogna quindi usare Facebook senza esagerare e riconquistare la propria intimità e la propria capacità di stringere legami.
Inoltre, dopo il matrimonio con Brent, un ebreo modern orthodox originario del Sud Africa, la nascita del figlio Asher ha portato la coppia a voler dare una educazione ebraica, introducendo la cena dello Shabbat, l’accensione delle candele e l’havadalà.
Cè però chi vede anche lo stesso Mark Zuckerberg fortemente ancorato alla propria identità religiosa. Dopo che la nascita della figlia Max ha spinto Zuckerberg a devolvere il 99% dei suoi profitti ultra-milionari in beneficenza, sull’Huffington Post, il rabbino Evan Moffic ha scritto come a ispirare il neo-papà sarebbe un concetto ebraico millenario: quello della Tzeddakah.
“Un rabbino del diciottesimo secolo – spiega Moffic – diceva: ‘Lo stupido dà, il saggio prende’. Questo si riferisce a chi dà la Tzedakkah. Lo stupido che fa Tzedakkah crede che sta dando qualcosa, mentre il saggio capisce che sta prendendo; è infatti proprio lui il principale beneficiario della sua azione. In altre parole dare è un regalo per il donatore stesso”.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(10 dicembre 2015)