Francia, Le Pen ridimensionata
Marine Le Pen e il suo Front National non guideranno nessuna delle regioni francesi. A sancirlo, il secondo turno delle elezioni transalpine da cui è risultato il ridimensionamento delle aspettative del partito xenofobo e populista della Le Pen, che domenica scorsa con il suo exploit aveva preoccupato milioni di francesi ed europei. Il fronte democratico ha tenuto, sottolinea tra gli altri La Stampa: sette regioni sono andate ai Répubblicains di Nicolas Sarkozy mentre cinque ai socialisti, con i secondi che hanno ritirato i propri candidati dove non avrebbero avuto chance di vincere e per aiutare i primi a sconfiggere il Front National. Quest’ultimo rimane il primo partito di Francia, ricorda Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, parlando di una nazione lacerata e di una Le Pen (“ci sono vittorie senza gloria e sconfitte gloriose”, ha sibilato una volta resi noti i risultati delle urne) che continua a fare paura. E in questo quadro, spiega sempre il Corriere, paradossalmente potrebbe avvantaggiare in chiave presidenziali 2017 lo sconfitto Francois Hollande, da tempo in crisi di credibilità. Sia i socialisti sia i repubblicani in ogni caso, spiega Cesare Martinetti su La Stampa, devono trovare una nuova visione politica in chiave anti-Front National.
Musulmani, la chiave contro i populismi. Per l’intellettuale Marek Halter (Repubblica) l’estrema destra cresce “sia essa tedesca o francese”, perché “costruisce il suo messaggio politico contro qualcosa o contro qualcuno. Negli anni Trenta, il nemico era l’ebreo”, oggi “i nemici sono i musulmani, accusati di non essersi assimilati agli europei, di non essersi integrati nella nostra società, di non essere diventati abbastanza italiani, francesi, tedeschi o ungheresi”. Secondo Halter, la soluzione per battere questi populismi “è nelle mani dei musulmani: basterebbe, per esempio, che 100mila di loro scendessero nelle strade per manifestare contro l’Is”. Intanto dall’altra parte – in Francia in particolare – ci si riorganizza, come dimostrano le parole di Marion Le Pen, bocciata insieme alla zia Marine, ma che dichiara “ne usciremo più forti. Certe vittorie sono vergognose” (Repubblica).
Da Roma per costruire una nuova Libia. Entro quaranta giorni potrebbe formarsi in Libia un governo di unità nazionale. Una soluzione diretta a stabilizzare il Paese, arrivata nel corso della Conferenza tenutasi a Roma nelle scorse e voluta dalla diplomazia italiana, con l’appoggio degli Stati Uniti. Dalla Capitale è arrivato l’“impegno forte della comunità internazionale a favorire e sostenere in tutti i modi il fragile processo di riconciliazione tra le fazioni libiche, messo in moto grazie alla mediazione dell’Onu” (Corriere). Per il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni – così come per il segretario di Stato Usa John Kerry – il governo di unità nazionale libico sarà uno strumento necessario in chiave anti-Isis.
Germania, il villaggio neonazi. Sulla Stampa l’inquietante racconto di quanto sta accadendo nel villaggio di Jamel, a sud di Schwerin, dove una cinquantina di neonazisti sogna di costituire “un mini Reich”.
La Guerra Fredda di Spielberg. Uscirà mercoledì nelle sale l’ultimo film del regista americano Steven Spielberg, Ponte delle Spie, ambientato nella Berlino della Guerra Fredda. Il film, scrive Vittorio Zucconi su Repubblica, è affidato al genio del fratelli Cohen (che ne curano la sceneggiatura) e riguarda “lo scambio fra un agente del Kgb, una ‘talpa’ annidata a Brooklyn chiamata – forse – Rudolf Abel e Gary Powers, il pilota dell’aereo spia americano U2 abbattuto dalla contraerea e catturato mentre sorvolava per conto della Cia il territorio sovietico”.
L’Islam e il concordato. Intervistato da Libero, il deputato italomarocchino Khalid Chaouki chiede a Renzi un concordato tra Islam e Stato e afferma che “la violenza è la malattia della mia religione, l’integrazione è fallita”. Secondo Chaouki, “I musulmani non si libereranno mai dell’odio verso l’Occidente finché non ci sarà una presa di coscienza che la violenza è purtroppo un cancro insito nella storia dell’islam e come tale va eliminato”.
Fischer, da Israele alla Fed. Su Corriere Economia, Fabrizio Goria spiega il ruolo di Stanley Fischer, già governatore della Banca centrale d’Israele, all’interno dell’americana Federal Reserve, di cui è vicepresidente. Fischer ha dimostrato proprio in Israele la sua capacità di analizzare le situazioni economiche, portando il Paese a superare la crisi del 2009 senza tante difficoltà.
Milano, le note di Avital. “È stato il primo mandolinista a ricevere una nomination ai Classical Grammy Awards. Si chiama Avi Avital, domani al Dal Verme (ore 20.30) per il Concerto di Natale a favore di Opera San Francesco, messo in campo dalle Serate Musicali. Con lui, l’Orchestra Barocca di Venezia, in un programma che associa la Serenissima di Vivaldi alla Napoli di Paisiello” (Giornale Milano).
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
(14 dicembre 2015)