Livia la cattolica, Gina la valdese
Il coraggio di due donne Giuste
Una cattolica, l’altra valdese. La prima, colpita da un invito alla solidarietà del cardinale Elia Dalla Costa, avrebbe aperto la porta del proprio appartamento in via della Colonna e offerto un rifugio temporaneo a dei perfetti sconosciuti. La seconda, membro attivo della Resistenza partigiana, avrebbe fatto sì che il successivo espatrio clandestino in Svizzera potesse compiersi senza troppi imprevisti. E ancor prima si sarebbe fatta in quattro per venire incontro ai suoi amici, fornendo loro preziose indicazioni e rassicurazioni.
Livia Sarcoli, Maria Adelaide (Gina) Silvestri Sabatini: ancora due nomi nel registro dei Giusti del Memoriale dello Yad Vashem di Gerusalemme, l’istituto israeliano che rende immortale omaggio a chi mise a rischio la propria vita pur di sottrarre anche un solo individuo alla barbarie nazifascista. Con Gina, l’unica per cui è stato possibile rintracciare dei parenti, che sarà insignita del riconoscimento alla memoria nel corso di una cerimonia in programma giovedì mattina nella sinagoga di Firenze (il via alle 11).
Gli occhi di Sergio Della Pergola, demografo di fama oltre che storico collaboratore delle nostre testate, poco più di un neonato all’epoca, hanno incrociato quelli di entrambe nelle ore che segnarono la loro disponibilità a correre quel rischio estremo.
Un tempo di scelte drammatiche, che Livia e Gina hanno abbracciato nella piena consapevolezza dei pericoli che potevano manifestarsi e a cui potevano andare incontro. Così, è soprattutto grazie a loro, se il nucleo familiare al completo – il padre Massimo, noto giornalista sportivo e futuro ideatore del Totocalcio, la moglie Adelina, e appunto Sergio – ebbe modo di mettersi in salvo.
Una vicenda di coraggio e solidarietà che parte da Firenze, dove i Della Pergola si erano rifugiati nell’agosto del ’43, dopo aver lasciato in fretta e furia Trieste, per concludersi con una rocambolesca marcia alpina il cui atto finale viene scritto il 25 dicembre dello stesso anno. A piedi sulla neve, ad alta quota. Senza certezze, se non la paura di fare un passo falso. Quello che li avrebbe consegnati al nemico. E poi finalmente la Svizzera, il Canton Ticino, la libertà.
Una libertà in parte ancora da conquistare, almeno per Massimo, visto che i soldati elvetici avrebbero voluto rispedirlo oltreconfine. E così sarebbe accaduto se Adelina non si fosse imposta con caparbietà e se da Berna non fosse arrivata una telefonata risolutiva e inaspettata: è Natale, per oggi si può fare un’eccezione. Fateli entrare tutti.
“Di quei giorni non ricordo ovviamente niente, avevo appena un anno. Ma conservo con emozione le memorie dei miei genitori e la gratitudine che entrambi serbavano verso chi aveva teso una mano. Sono cresciuto con i loro racconti. Con questo riconoscimento, la più alta onoreficenza attribuita a chi si prodigò per portare luce in tempi bui – afferma Sergio Della Pergola – si chiude finalmente il cerchio”.
Preziosa in questo senso la testimonianza del padre Massimo, che alle due donne ha dedicato ampi stralci della sua autobiografia Storia della Sisal e del suo inventore (Laser edizioni, 1997). Che non è solo il racconto di una delle più brillanti intuizioni dell’Italia del dopoguerra, la schedina dalle tre fatidiche opzioni 1-x-2 che avrebbe conquistato milioni di appassionati (tra l’altro pensata e affinata durante un periodo di internamento in Svizzera con l’obiettivo di dare al paese una nuova occasione di svago che risollevasse gli animi). Ma è anche il lascito alle nuove generazioni di un’esperienza estrema e istruttiva. Quella di esseri umani braccati, che tornano padroni del proprio destino grazie all’altruismo di chi scelse di non voltare le spalle mentre fuori infuriava la più terribile delle tempeste. Come Livia la cattolica e Gina la valdese.
Due donne Giuste, da adesso anche nell’accezione talmudica del termine.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(Nelle immagini un gruppo partigiano e una foto di Maria Adelaide Silvestri Sabatini)
(15 dicembre 2015)