I capelli rossi
di Harold Roux
Aaron Benham è in pericolo. Il Professor Benham insegna in una buona università della costa est degli Stati Uniti, ma “è stanco di spiegare”. Così si è preso un anno sabbatico per scrivere il suo romanzo. È solo in casa, ha un buon titolo e già intravede le sagome, le ombre dei personaggi. Forse ce la farà, pensa: se scriverà si salverà. Ma suona il telefono. La realtà irrompe, la vita quotidiana chiama e Aaron non sa non rispondere. Sa anche che esploderà, però, se non riuscirà a scrivere il suo romanzo. Ragion per cui – pur occupato ad aiutare una coppia di amici, a ritrovare uno studente ribelle, a dar una qualche apparenza di felicità alla vita di famiglia – Aaron non smette di pensare a I capelli di Harold Roux, titolo sia del romanzo scritto da Thomas Williams, e recentemente pubblicato da Fazi Editore, sia del suo, necessariamente incompiuto.
Le storie dei due romanzi dallo stesso titolo si intrecciano, e la maestria di Thomas Williams è tale da non far smarrire un lettore attento, non più di quanto lui stesso non voglia. Ed è un’esperienza singolare, quasi inedita, quella di entrare nel laboratorio mentale dello scrittore Benham, vedere come spunti di vita ordinaria diventino parti della storia che lui scrive, e influenzino a loro volta la vita ordinaria di Aaron. Ben presto comprendiamo che questo gioco di specchi non è prerogativa degli scrittori, ma che ciascuno di noi rielabora il passato, traveste il presente, camuffa il futuro. Certo, forse non a tutti è capitato di vivere una storia d’amore e violenza in un campus universitario americano negli anni Sessanta, né di aver avuto un amico reduce di guerra, che si compra un parrucchino per nascondere la calvizie. Ma – andiamo! – sappiamo benissimo che trasformiamo, quasi ogni minuto, la cosiddetta realtà nel racconto di essa. Ce la raccontiamo, raccontandola.
Per aiutarvi a comprare, e a leggere, questo romanzo che mi è piaciuto molto, ma che temo di non esser stato capace di recensire adeguatamente, vi fornisco di una mappa delle storie che vi troverete (L’ho trovata sul blog Holden & Company, l’ha scritta Luca Pantarotto, ed è talmente perfetta che non potevo scriverla meglio, o parafrasarla: preferisco, per onestà, copiarla ringraziando):
È la storia di Allard, il protagonista del nuovo romanzo che Benham sta cercando di scrivere e che si intitola proprio I capelli di Harold Roux. Allard è un reduce della Seconda guerra mondiale, pericolosamente attratto dalla bellezza della violenza, che aspira a diventare uno scrittore. Proprio come Harold Roux, il suo compagno di università, che indossa un parrucchino perché ha perso tutti i capelli in guerra; e che condivide con Allard, tra le altre cose, l’interesse per la bella Mary.
Ed è la storia di uno scrittore che, con il procedere del suo romanzo, si rende sempre più conto che la storia che sta scrivendo è la sua: un rispecchiamento tragicomico, sperimentale e a tratti eccessivo dei suoi anni di college, delle sue ambizioni frustrate, delle sue ansie represse, dei suoi sogni e dei suoi fallimenti. Williams architetta una narrazione a più piani, mettendo in scena l’equilibrio instabile tra bontà e malvagità, razionalità e follia, finzione e realtà e rimescolando il tutto nel rapporto problematico di Aaron con i propri personaggi, con la versione più linda e rassicurante di sé e con un romanzo che non riesce a finire perché troppe persone del mondo vero premono da fuori con i loro bisogni e le loro esigenze.
Capirete dunque, il mio imbarazzo nel raccomandarvi la lettura di questo ottimo romanzo, uscito e premiato negli Stati Uniti già negli anni Settanta, e ora per la prima volta ben tradotto in italiano da Nicola Manuppelli e Giacomo Cova: potreste smarrirvi, potreste riconoscervi. Come me.
Valerio Fiandra
(17 dicembre 2015)