Resistenza

Sara Valentina Di PalmaQuando Antioco IV Epifane tentò di distruggere Am Israel, fece quello che avrebbero fatto poi i romani: ben più efficace, nel lungo periodo, dello sterminio, sarebbe stato infatti il progetto dell’indebolimento identitario mediante politiche assimilatorie.
Il sovrano cercò quindi di imporre al popolo ebraico la cultura ellenista costringendo gli ebrei all’idolatria ed allontanandoli dalla Torah: furono così proibiti la celebrazione del Capomese, l’osservanza dello Shabbat e la Milà dei bambini. A fronte di quelli che sposarono la cultura greca, vi furono però anche dei ribelli, guidati dagli Hasmonaim figli del Kohen Gadol Matithyau, come vi furono i bambini che fingendo di giocare con i sevivonim, in realtà studiavano di nascosto la Torah. Anche questa è resistenza.
Il Talmud tramanda la vittoria dei fedeli a D-o guidati da Yehuda Maccabi, che con pochi valorosi maccabei liberò Yerushalaim e il Bet HaMikdash il 25 del mese di Kislev (Shabbat 21b). Già essere riusciti in questa impresa, sconfiggendo il forte e numeroso esercito di Antioco, fu un miracolo, ma ancora più grande fu quello di aver trovato, nella devastazione del Tempio dissacrato, una sola ampolla d’olio casher che bruciò per gli otto giorni necessari a preparare olio nuovo. Per questo noi accendiamo la chanukkiah per otto sere, servendoci di un nono lume, lo Shammash. Ciò significa che utilizziamo, se non olio, 44 candeline per tutta la durata della festa, così come 44 è la somma delle tre principali proibizioni di Antioco: Rosh Hodesh che cade ogni 29 giorni, Shabbat ogni 7, la Milà 8 giorni dopo la nascita del bambino. Tutto torna.
Tutto torna, ho pensato anche mentre correvamo a prendere un treno per casa, con una manciata di minuti a disposizione per comprare qualcosa da mangiare in stazione, e siamo inciampati in Cohen’s Smartfood. Il locale non ha segni che lo identifichino, se non piatti mediorientali ed una lavagna scritta in arabo con, presumo, i piatti del giorno. Il ragazzo alla cassa cui chiedo un biglietto da visita capisce che gli rallento la fila e sono una seccatura, e mi rimanda direttamente al proprietario; non speravo tanto. Vero che rischio di perdere il treno, ma vorrei saperne di più. E così conosciamo Yossi (non l’omonimo neo direttore del Mossad, anche se gestire un locale nella Wien Hauptbahnhof come copertura di intelligence non mi sembra affatto male). Per velocizzare la conversazione e sapere di che si tratta, gioco la carta dell’ebraico subito, e mi va bene perché in Israele lui ci è nato. Va persino a guardare in magazzino se gli è rimasta una maglietta con il logo del locale, ma senza successo. Sarà per la prossima volta Yossi, altrimenti perdiamo il treno, e tocca correre, trascinando con una mano la valigia, un cartoccio di pita im falafel nell’altra.

Sara Valentina Di Palma

(17 dicembre 2015)