Segnalibro – Magris e la verità sulla Risiera
Il nuovo libro di Claudio Magris, Non luogo a procedere (Garzanti editore), ha due protagonisti: il bizzarro collezionista triestino Diego de Henriquez, che raccoglie con un’ossessione maniacale reperti di guerra e si mormora dorma in una bara, e Luisa, figlia di due esili, quello ebraico e quello africano, incaricata di costruire il museo che ospiterà l’eredità di de Henriquez.
“Indovinate quale persona è realmente esistita e quale è stata inventata – esordisce il giornalista Marino Sinibaldi, durante la presentazione del libro di Magris al Teatro Eliseo di Roma, in compagnia di Eugenio Scalfari e dell’autore – Luisa, eroe quotidiano, o lo stravagante Diego de Henriquez? Beh, vi sorprenderà sapere che ad essersi realmente mosso per le strade della Trieste del dopoguerra sia stato proprio lo stralunato de Henriquez”.
L’opera, protagonista di un ampio servizio sul numero di novembre di Pagine Ebraiche, ha recentemente ricevuto un prestigioso riconoscimento ed è stata premiata come Libro dell’anno 2015 nella classifica di Qualità stilata dalla redazione della Lettura, l’inserto culturale del Corriere della sera.
“Al di là della sua mania – continua Sinibaldi – il collezionista entrerà nella storia per aver ricopiato sui suoi quaderni le scritte che ricoprivano i muri della Risiera di San Sabba, il lager nazista italiano che il Paese sembrava aver dimenticato. Sui quaderni di de Henriquez, alcuni dei quali misteriosamente scomparsi, non apparivano nomi di vittime o carnefici ma quelli di coloro che si sporcarono le mani, i corrotti che facevano affari con il Male”.
“Lo stile di Magris è formidabile, così come l’uso del tempo – commenta entusiasta Eugenio Scalfari, la cui recensione di Non luogo a procedere uscirà domani sull’Espresso – ed è una vera e propria rivoluzione letteraria. Ha una prosa bellissima incastrata in un racconto dove c’è un cambiamento continuo. C’è però una domanda che mi preme fargli: Luisa, la co-protagonista, chi è?”.
A prendere la parola a questo punto è Magris: “Il libro – spiega – è nato dall’interesse che nutrivo per de Henriquez; volevo esplorare la sua manie. I maniaci raccolgono in modo insensato, sono degli idolatri e in qualche modo si escludono dalla vita. Allo stesso tempo però, come insegnano gli antichi, la mania è anche poesia. Nella sua ricerca della pace attraverso la guerra, volevo mostrare il momento in cui il collezionista iniziò a ricercare la verità, quella che si cela dietro alla Risiera”. “Nel libro – prosegue – c’è poi Luisa, che essendo figlia di due galut, due diaspore (la madre Ester è sopravvissuta alla Shoah, il padre è il sergente afroamericano Brooks), dimostra l’enorme forza della resistenza. Il suo personaggio è completamente inventato ma prende spunto da un’altra Luisa realmente esistita nella quale mi sono imbattuto e che fu una schiava degli spagnoli poi liberata. Accusata di stregoneria, venne scagionata grazie alla sua straordinaria intelligenza. Non sappiamo nulla di lei, ma sta qui la sfida dello scrittore: ci viene chiesto di inventare per dare una voce, per restituire alle vittime quello che non hanno avuto”.
“La storia – conclude Magris – è come una specie di tumore, si guarisce, ci si aggrava, ci si sottopone a cure”. Una questione chiave se si riporta al contesto della Trieste del dopoguerra dove “tutti erano contro tutti”.
“Leggere Magris – aggiunge Scalfari – è come aprire una serie di ostriche. Certo, sono buone da mangiare, ma alle volte capita di trovarvi dentro delle perle preziose. Mi ha colpito ad esempio la frase del libro in cui si dice che non sono i vincitori a fare la storia, ma le masse: la vera storia la fanno quei soldati che ‘puzzano e crepano in trincea’. Lo ribadisce anche quando parla di aquile e talpe. Le aquile volano nobili in cielo e non apportano alcun cambiamento, le talpe invece scavano, si muovono sottoterra fino a far crollare ogni tanto un pezzo di terreno. La storia la fanno le talpe, non le aquile”.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(17 dicembre 2015)