Qui Trieste – Memoria, laboratorio vivo
Iniziato con le lezioni di due autorevoli studiosi come i professori Giacomo Todeschini e Giovanni Miccoli, proseguito con la presentazione di Roberto Spazzali e con gli interventi di Tullia Catalan, Tristano Matta e Davide Casali che hanno trattato ognuno un argomento specifico, il corso “Prima, durante e dopo la Shoah: un percorso di didattica della storia” – organizzato dal Museo della Comunità Ebraica di Trieste Carlo e Vera Wagner in collaborazione con l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia – si è concluso con due importanti laboratori, che hanno coinvolto in modo attivo i partecipanti. “Didattiche della Shoah: indicazioni metodologiche e lavoro sulle fonti d’archivio del Museo ebraico di Trieste” il laboratorio tenuto dalla professoressa Cristina Roggi che ha messo a disposizione fonti di diversa natura, alcune mai presentate prima. Divisi in tre gruppi, gli “allievi” hanno ipotizzato una lezione da proporre ai propri studenti affrontando tre argomenti diversi: la biografia di Marco Moisè Mustacchi, la video-intervista a Dino Italo Levi e un numero della rivista “Razzismo Fascista”, edita a Trieste a cura del GUF (Gruppo Universitario Fascista).
Su Marco Moisè Mustacchi, corfiota nato a Trieste, l’attenzione si è focalizzata sui fatti antecedenti alla sua deportazione ad Auschwitz e al trasferimento successivo in altri campi; Marco venne infatti internato nel 1940, in quanto ebreo greco, a Bagno a Ripoli, nel campo di isolamento per stranieri di nazionalità ostili all’Italia (dopo l’entrata in guerra contro la Grecia). Della lunga video-intervista a Dino Italo Levi, nato a Trieste, ebreo italiano, realizzata da Marcello Pezzetti per il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), sono stati mostrati alcuni spezzoni, dai quali, tra l’altro, è possibile comprendere quale fosse la vita ebraica a Trieste prima della promulgazione delle leggi razziste. Infine, assieme alla copia del numero del 18 novembre 1939 di “Razzismo fascista”, pubblicato per commemorare il primo anniversario della promulgazione delle leggi razziste, sono state messe a disposizione le lettere di protesta che tre ebrei triestini scrissero al prefetto della città per protestare contro quanto scritto sulla rivista, ricordando il grande apporto dell’ebraismo triestino alla causa irredentista.
Il laboratorio seguito da rav Ariel Haddad su “La teologia della Shoah spiegata attraverso un esercizio di ruolo”, si è invece basato sulla grande opera di rav Ephraim Oshry, “She’eilos Uteshuvos Mima’amakim” (un estratto è stato tradotto in Italia con il titolo “Responsa – Dilemmi etici e religiosi nella Shoà” – Morcelliana -2004) in cui, dopo la Seconda Guerra Mondiale l’autore raccolse i responsa ai quesiti halachici postigli dalle persone che assieme a lui erano state internate nel ghetto e campo di concentramento di Kovno, in Lituania. Partendo da essa, i partecipanti, divisi a coppie, hanno interpretato il ruolo del rabbino e di chi andava da lui a chiedergli consiglio.
Lavoro intenso in entrambi i laboratori, sia dal punto di vista dell’impegno nell’affrontare gli argomenti, sia soprattutto dal punto di vista emozionale, canale fondamentale e necessario che ci aiuta a comprendere davvero.
Il dibattito che ha concluso i lavori, alla presenza di Antonella Grim, Assessore all’Educazione, Scuola e Università e Ricerca del Comune di Trieste e a Mauro Tabor Assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Trieste, ha fatto emergere che il grande successo di questo progetto è il risultato del lungo lavoro preparatorio di chi è stato artefice della sua ideazione, progettazione e realizzazione. Ariel Haddad, Annalisa Di Fant, Stefano Fattorini e Cristina Roggi hanno saputo mettere insieme le competenze e le esperienze specifiche di ognuno, a volte anche molto diverse, creando un gruppo affiatato e armonioso in cui, accanto all’indubbia preparazione, il fattore umano e il rispetto reciproco hanno svolto un ruolo fondamentale. Tutto questo è stato ben recepito da chi ha voluto partecipare a questo primo esperimento, facendo sì che le relazioni venissero interiorizzate in modo consapevole ed attento. La disponibilità nel mettere a disposizione le fonti raccolte nel museo e le ricerche fatte in questi anni è la dimostrazione ulteriore che quanto è stato detto corrisponde e corrisponderà in futuro a fatti concreti, attraverso l’apertura e il sostegno verso chi, fra i docenti e gli studiosi, abbia intenzione di approfondire quanto esposto in queste lunghe giornate o a studiare altre questioni. Si attende ora, con grande interesse, la prossima edizione che questo museo saprà allestire.
Paola Pini
(18 dicembre 2015)