Time Out – Formazione ebraica
Spero davvero che la lettera che ha rivolto rav Laras all’ebraismo italiano sia stata letta dalle dirigenze che devono fondare il futuro delle nostre comunità.
Per farlo è necessario analizzare in maniera critica e non strumentale ciò che, fino ad oggi, non ha funzionato perfettamente. In primis la diminuzione del numero di ebrei in Italia, in parte per un fattore negativo, quello dei matrimoni misti, in parte per uno positivo che riguarda le aliyoth.
Non solo di numeri dobbiamo però parlare, ma anche dell’impostazione stessa delle comunità ebraiche. Come ha ricordato rav Laras, di cultura ebraica si è parlato troppo spesso, meno e poco di Torah e popolo ebraico.
Guidati da dirigenze politicamente orientate ancora oggi facciamo fatica a stabilire le priorità su cui impostare il nostro lavoro. O meglio, le stabiliamo, ma non secondo principi e valori ebraici, ma in riferimento alla cultura ebraica come espressione vaga e indefinita.
Il risultato è che oggi l’ebraismo italiano non è attraente da un punto di vista religioso, con i rabbini costretti a combattere contro consigli, sempre politicamente orientati, per difendere il loro diritto ad avere la loro indipendenza nel prendere decisioni che spesso ai presidenti di comunità potranno non piacere.
Il futuro dell’ebraismo italiano dipende dalle nostre scelte, se abbandonare l’immagine credenziale della Shoah che ci richiede l’esterno e provare a prospettare un messaggio che rappresenti il contributo ebraico alla società. Dipende dallo scegliere se investire milioni di euro sulla rappresentatività esterna o sulla formazione ebraica dei nostri bambini. E per formazione ebraica si intende Torah e Halakhah, non quella cultura ebraica che ritorna per indicare, come al solito, tutto e niente.
Ai nostri rabbini però spetta una sfida ancora più ardua: trovare modelli nuovi con cui ritornare a insegnare. La modernità non è una sfida, ma uno strumento che abbiamo a disposizione. E pur se esistono motivate ragioni per non vedere di buon occhio il futuro dell’ebraismo italiano, non possiamo rassegnarci. Questo ebraismo che appare stanco e demotivato deve trovare nuovi stimoli. La politica deve fare la sua parte, ma la rabbanut non può accontentarsi, ma essere parte della stessa analisi critica ripensando se stessa in una chiave futura che oggi, agli occhi degli ebrei italiani, non è ancora ben chiara e definita.
Daniel Funaro
(24 dicembre 2015)