Spotlight – Il rock chassidico per sole donne

bulletproof_stockings_2“Non è una shtick (dall’yiddish, ‘sceneggiata’). È una band alt-rock di ragazze devote ad Hashem e funziona. Funziona perché è reale”.
Si descrivono così le Bulletproof Stockings, il gruppo creato nel 2011 da due donne lubavitch, Perl Wolfe e Dalia Shusterman, acclamato dai critici come uno tra i più interessanti esperimenti nel panorama underground di Brooklyn.
La band, il cui nome deriva dalle calze opache indossate dalle ebree ultra-ortodosse, arricchito da due nuove componenti, è ora pronta a lanciare il primo disco loro al 100%, Homeland Call Stomp, realizzato grazie ad una campagna di raccolta fondi su Kickstarter.
“Ci eravamo imposte come cifra da raggiungere – spiegano – 36mila dollari perché il 36 è un multiplo di 18 che per l’ebraismo significa chai ovvero ‘vita’, e alla fine abbiamo addirittura superato l’obiettivo”.
Ma non solo, perché in concomitanza all’imminente uscita dell’album, le Bulletproof Stocking stanno continuando il loro tour in giro per l’America: dopo Los Angeles, San Francisco e Portland termineranno a Boston il prossimo 16 gennaio al Brighton Music Hall. Ed è proprio la performance live, una delle peculiarità che più ha colpito l’opinione pubblica: secondo la legge ebraica riguardo la Tzniut, la modestia, vige la proibizione della Kol Isha, che prevede che gli uomini non possano ascoltare le donne che cantano. Motivo per il quale la band si esibisce unicamente davanti ad un pubblico tutto al femminile.
Anche se, a spingere Perl e Dalia a rispettare questa scelta, ci sono molteplici ragioni: “Non è solo il rispetto della Kol Isha – spiegano le due – ma la fantastica atmosfera che si crea in un audience di sole donne; l’energia che viene sprigionata”. E a chi le critica, femministe in testa, rispondono: “In fin dei conti vogliamo semplicemente organizzare delle feste per sole ragazze: che c’è di male in questo?”. E a chi infine chiede se bisogna essere per forza un’ebrea religiosa o anche semplicemente ebrea per partecipare, Perl aggiunge: “Noi speriamo solo di ispirare in qualche modo le altre, la nostra religione non si basa sull’oppressione o la forzatura. Più il pubblico è diverso tra di loro, meglio è per noi”.
Ma a rendere ancora più straordinaria la storia delle Bulletproof è la vicenda dietro la loro nascita: Perl, 28 anni, dopo aver divorziato per la seconda volta, si è trasferita da Chicago a Crown Heights e ha scoperto la sua dote di cantautrice.
Dalia, 43 anni, invece era una batterista affermata, suonava con gli Hopewell, una band di Brooklyn, e si era allontanata dall’ebraismo. Finché, tornata a casa per festeggiare Sukkot con la famiglia, ha conosciuto quello che sarebbe diventato suo marito, un rabbino chassid. “Mio marito – racconta – dopo il matrimonio mi regalò una nuova batteria dicendomi che non potevo abbandonare la musica perché faceva parte di quello che ero”. Rimasta prematuramente vedova e con quattro figli a carico Dalia ha poi incontrato Perl e deciso di fondare il gruppo, che adesso comprende anche Dana Pestun (al violino) e Elisheva Maister (al violoncello).
Con la benedizione della stampa più autorevole: dal New York Times al Washington Post e il plauso di Vice, la bibbia degli hipster, le Bulletproof Stockings continuano la loro scalata mescolando generi, facendo conoscere le melodie chassidiche celate dietro a giacche di pelle e gonne leopardate sotto il ginocchio.
Perché questa, assicurano, non è una shtick.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(28 dicembre 2015)