Bernie, Hillary o The Donald?
I rabbini prendono posizione
A quanto pare, per diventare presidente degli Stati Uniti d’America occorrono uno slogan accattivante (il famoso “Yes we can” di Barack Obama dimostra che non ci vuole nemmeno troppa fantasia), un logo memorabile (ancora c’è chi ricama sul fatto che la ‘H’ di Hillary Clinton ricordi l’insegna di un ospedale ma insomma, in fondo se ne continua a parlare) e una pagina dove un gruppo di rabbini esplicita il suo sostegno a uno dei candidati. Questo per lo meno risulta dalle campagne elettorali per le presidenziali degli ultimi anni dell’era digitale, visto che dal lontano 2008 sul web e sui social spopolano pagine intitolate “Rabbis for…” dedicate ai vari candidati, che raccolgono i consensi di nutriti gruppi di rabbini americani già a partire dalle primarie. Nello schieramento di quelle del 2016 si segnalano dunque i “Rabbis for Bernie”, che nel sostegno al candidato democratico ebreo Bernie Sanders sono senza dubbio i più organizzati, gli avversari democratici “Rabbis for Hillary”, che hanno assecondato senza se e senza ma la svolta pop di Clinton, e il “Rabbi for Trump”, proprio così al singolare ma non meno motivato nel tifare per il candidato repubblicano Donald Trump.
Il vero nome del Rabbi for Trump è Bernhard Rosenberg, un rabbino nominato da una Yeshivah ortodossa oggi a capo di una confederazione conservative del New Jersey, che ha scelto il canale di una pagina Facebook che al momento raccoglie soltanto qualche centinaio di like. “Ho aperto la pagina perché è lui il candidato leader tra i repubblicani a questo punto”, ha argomentato Rosenberg, che ha aggiunto la volontà di comunicare a The Donald, come viene soprannominato, un messaggio forte di apprezzamento per il suo sostegno a Israele. Inoltre, ha spiegato, “credo che i media abbiano gonfiato troppo la questione di quello che ha detto riguardo ai musulmani”. Il riferimento è alla proposta di impedire temporaneamente agli immigrati musulmani l’ingresso nel paese per prevenire attentati dell’Isis, che ha destato un certo scalpore e che è stata definita contraria ai valori nazionali dalla Casa Bianca. Rosenberg è invece rimasto impassibile, ma del resto è anche questo che ha fatto sì che la sua pagina conti un solo Rabbi. Gli era andata meglio nel 2012, quando aveva creato la pagina “Rabbis for Romney” nelle presidenziali contro Obama, in risposta ai rabbini che si erano schierati con il presidente in carica.
I pro Obama sono decisamente i pionieri dei “Rabbis for”, e nel 2012 il loro numero è più che raddoppiato rispetto a quattro anni prima, raggiungendo il numero di 613 che, come segnalavano nella loro campagna, è anche quello delle mitzvot comandate dalla Torah. I “Rabbis for Bernie”, sempre nella loro pagina Facebook, hanno accolto la nascita di “Rabbi for Trump” con una certa ironia, pubblicando l’articolo che la annunciava accompagnato dal commento: “Here’s us – and The Dark Side”, come direbbero in Star Wars. E in effetti a livello contenutistico le due pagine sono molto simili, principalmente con pubblicazioni che incensano i due candidati e altre in cui si critica il modo in cui i giornali parlano di loro. E poi ci sono i “Rabbis for Hillary”, che invece hanno scelto altri canali – un sito web che contiene un’unica pagina con il nome di Hillary ripetuto in serie accanto a una bandiera a stelle e strisce e il nome del presidente del movimento Benjamin G. Kelsen in mezzo, e il profilo twitter @rabbis4hillary – e altri colori, seguendo il nuovo stile glitterato per attirare dalla sua le nuove generazioni. In particolare su Twitter spicca un disegnino animato in cui una Hillary fluo fa l’occhiolino con il marito Bill che le spunta da dietro la spalla. O, come forse direbbero i “Rabbis for Bernie”, Clinton Strikes Back.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(30 dicembre 2015)