Ben Yehuda, l’omaggio di Rivlin:
“Ebraico moderno un miracolo”
Si emoziona ancora ogni volta che vede un cartello stradale o il nome di una via in ebraico il presidente israeliano Reuven Rivlin, perché anche a 67 anni dalla nascita del paese “non è ancora qualcosa che si possa dare per scontato“. Lo ha detto alla cerimonia svoltasi ieri alla residenza presidenziale per celebrare il 158esimo anniversario dalla nascita e il 93esimo dalla morte di Eliezer Ben Yehuda, considerato il pioniere dell’ebraico moderno, nato dall’evoluzione di quello antico. Si tratta di un processo che non emoziona solo i linguisti per la sua eccezionalità, ma anche chi ha visto lo Stato nascere e costituirsi, come ha sottolineato il ministro della Cultura e dello Sport Miri Regev. Ed è per questo che le celebrazioni continuano ancora oggi, con tutte le frequenze della radio israeliana che propongono programmi dedicati alla storia e alla promozione della lingua ebraica. La commozione del presidente Rivlin si può certamente spiegare anche con il fatto che lo si può annoverare tra quelli che a quel processo di rinascita assisterono di persona. Suo padre, Yosef Yoel Rivlin, fu infatti tra i fondatori del Vaad Halashon Havrit, la Commissione per la lingua ebraica, che si è poi evoluta nell’attuale Accademia della lingua ebraica.
In quale considerazione sia tenuto Ben Yehuda in Israele e quanto strettamente il suo lavoro sia stato legato alla creazione dell’identità nazionale è facile capirlo non solo dalla solennità delle celebrazioni in suo onore, ma anche dal fatto che alcune delle vie più importanti dei centri cittadini sono dedicate a lui. In effetti, quella che ha compiuto con la lingua ebraica è stata un’impresa che sembrerebbe impossibile. Il processo con cui la lingua moderna è nata da quell’antica, il cui numero di parlanti era ormai, a cavallo tra Ottocento e Novecento, prossima allo zero, è infatti quello inverso a qualunque altro. Mentre infatti oggi lingue dimenticate scompaiono a manciate ogni giorno e con il potere totalizzante di internet l’inglese si trasforma nell’idioma universale – cosa di cui ha detto di rammaricarsi Moshe Bar Asher, attuale presidente dell’accademia – l’ebraico trae ancora la sua linfa vitale dai testi della tradizione. È così che Ben Yehuda ha concepito il suo sviluppo. Gli anni di studi in yeshivah che gli fecero conoscere quei testi dalla prima all’ultima parola uniti all’incontro con il pensiero illuminista, e una forte spinta sionista, furono i fattori che fecero sì che fin da giovane si convinse che quella lingua dei padri potesse rivivere in Israele.
Una volta raggiunta Gerusalemme, fu giornalista, insegnante ma soprattutto un instancabile lessicografo. Costruì lui stesso lo strumento che gli doveva servire per la sua tanto ambiziosa quanto contestata missione linguistica, e cioè un primo dizionario. Fu un’impresa colossale che lo impegnò per cinquant’anni, perché naturalmente accanto al ripescaggio di antichi termini in disuso che dotava di nuovi significati, il mondo contemporaneo imponeva anche la creazione di parole nuove. La prima fu proprio ‘milon’, dizionario, che sostituiva un calco dal tedesco. In generale fu sempre questo il criterio con cui operò: individuata a parola di cui l’ebraico aveva ancora bisogno, in quanto inesistente o peggio esistente sotto forma di prestito da qualche lingua europea parlata dagli immigrati in Israele, procedeva con una accuratissima ricerca filologica per scovare e riscoprire una parola di origine semitica nell’enorme patrimonio costituito dalla letteratura ebraica di tutte le epoche, dalla Bibbia agli antichi testi religiosi alla produzione artistica successiva. Come controprova dell’antichità e dell’origine delle parole o laddove la letteratura non forniva risorse convincenti usava l’arabo, adattandolo un pochino, mentre per i suffissi e la morfologia ricorse all’aramaico. Ben Yehuda non riuscì a terminare tutto il suo dizionario, ma i suoi successori continuarono la sua opera fino a mettere insieme diciassette volumi nel 1959. La prima grammatica della lingua ebraica uscì invece ancora prima della nascita dello Stato d’Israele, nel 1934.
Certo, quella dell’instancabile Ben Yehuda era una vera e propria ossessione, tanto che quando nel 1882 la moglie Debora rimase incinta del loro primo figlio Ben Zion, la convinse che il piccolo sarebbe cresciuto sentendo parlare unicamente ebraico, e la definì compiaciuto “la prima madre ebraica in duemila anni“. Una cura maniacale venne impiegata dalla coppia per impedire che il bambino sentisse anche una sola frase in una lingua diversa dall’ebraico. Circolano anche alcune leggende, come ad esempio che a Debora fosse vietato canticchiare o ninnananne in russo, o che fu permesso a una donna del luogo di aiutarla nei giorni successivi al parto, all’unica condizione che non pronunciasse una sola parola, poiché non sapeva l’ebraico. E dunque risulta ben fondato il dubbio di Regev quando si chiede: Ben Yehuda avrebbe mai pronunciato parole di oggi come ‘selfie’ o ‘televisione’?
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(4 gennaio 2016)