Je suis Charlie – Un anno dopo
L’ultimo sberleffo e la denuncia
dei perbenisti e degli antisemiti

France Attack Newspaper Photo Gallery A un anno esatto dal mostruoso massacro terroristico che ne ha decimato la redazione, il settimanale satirico parigino Charlie Hebdo è in edicola questa mattina con un memorabile numero straordinario che impartisce una lezione di coraggio, di professionalità e di intelligenza alla stampa di tutto il mondo. Si torna a parlare di laicità e di libertà d’espressione e si dimostra, con molte voci e molte matite, come la difesa di questi capisaldi della democrazia costituisca l’unica possibile tutela contro i deliri del terrorismo islamico.
Per essere fedele alla propria vocazione di impertinente a oltranza il giornale pubblica una copertina quantomai provocatoria: un dio con le mani sporche di sangue, avverte uno spiacevole disegno, sarebbe ancora a piede libero.
Qualche ebreo si sarà forse morso le labbra, altri cittadini di buona fede avranno magari sofferto in silenzio, ma la stampa cattolica ci casca in pieno, esecrando questa ennesima goliardata e scivolando consapevolmente o inconsapevolmente nella trappola censoria.
Ma al di là dei mille sberleffi che costellano le pagine di questo numero straordinario, c’è un testo, l’editoriale del direttore Gerard Biard, che a Charlie molti non potranno perdonare.
Il titolo porta i nomi di alcune vittime di quei momenti terribili: Yoav Hattab, Yohan Cohen, Philippe Braham, François-Michel Saada. Ma questi nomi appartengono a chi fu assassinato, a poche ora di distanza dal massacro in redazione, nell’assalto islamico all’Hypercacher dove alla vigilia dello Shabbat molti ebrei si trovavano per acquistare qualche cibo. Nel testo Biard lascia chiaramente comprendere quale sia la relazione fra la libertà d’espressione e la lotta all’antisemitismo e come sia illusoria l’idea di perseguire l’una accantonando l’altra.
copertina charlie numero speciale“Ogni genere di esperto e di intellettuale – commenta – si è industriato a spiegare/giustificare gli attentati contro la redazione di Charlie, poi quelli di Parigi e di Saint Denis. Non si è invece inteso alcun tentativo di ‘spiegazione’ per la presa di ostaggi e il massacro all’Hyper Cacher della Porta di Vincennes, il 9 gennaio, e per la morte di Yoav, Yohan, Philippe e Francois-Michel. Niente di diverso, del resto, dal silenzio che ha circondato il massacro del Museo ebraico di Bruxelles del maggio del 2014. Come se queste carneficine fossero da dare per scontate… Per gli antisemiti e i rabbiosi antisionisti sappiamo benissimo perché questi massacri dovrebbero essere dati per scontati: tutti gli ebrei del mondo porterebbero secondo loro la responsabilità della politica dello Stato di Israele. Fa molto comodo, la geopolitica. Per tutti gli altri la spiegazione è più complicata: Siamo talmente assuefatti all’idea che degli ebrei siano assassinati perché sono ebrei…”.
Gli assassini antisemiti sono così finiti nel dimenticatoio del terrorismo islamico e anche del terrorismo in generale. “È questo – conclude il direttore di Charlie Hebdo – un grave errore, e non solo sotto il profilo della dignità umana. Perché è il boia che decide chi è ebreo. Il 13 novembre ne è stata la controprova. Quel giorno gli assassini ci hanno notificato la loro decisione di considerarci tutti ebrei”.

gv

(6 gennaio 2016)