In ascolto
Il concerto di capodanno
Parte il preludio al Te Deum di Marc Antoine Charpentier, la telecamera riprende le dita dei musicisti in movimento, l’oro degli ottoni e il legno pregiato degli strumenti ad arco, poi vaga sui tetti di Vienna e finalmente, quando con un cigolio si spalancano le porte del Musikverein ed entra nella Sala Grande, davvero mozzafiato.
La voce fuori campo presenta il tradizionale Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker, diretto da Mariss Jansons, nato da madre ebrea a Riga nel 1943, in un nascondiglio, durante l’occupazione nazista. Jansons è un bambino prodigio e già all’età di 13 anni entra al conservatorio di San Pietroburgo. A 23 anni si trasferisce a Vienna per studiare con Hans Swarowsky e poi a Salisburgo con Von Karajan. Oggi è considerato uno dei più importanti direttori d’orchestra del mondo e nel 2013 ha vinto l’Ernst von Siemens Musikpreis.
Jansons è magnetico, ha una straordinaria mimica facciale, sorride volentieri, è attento alle dinamiche e ai colori, ha cura di ogni dettaglio e riesce a plasmare l’espressività di questi orchestrali che sono famosi soprattutto per la perfezione tecnica e il virtuosismo.
La tradizione del Concerto di Capodanno viennese risale al 31 dicembre 1939 quando l’orchestra diretta da Clemens Krauss eseguì un programma interamente dedicato a musiche della famiglia Strauss. Il concerto ebbe ottima accoglienza e buone recensioni. Quello che potremmo definire “effetto valzer” distraeva dagli orrori della guerra e al tempo stesso faceva gioco alla propaganda nazista, nonostante Johann Strauss fosse in parte di discendenza ebraica, inconveniente che peraltro Joseph Goebbels cercò di risolvere falsificando il registro dei battesimi a Vienna. Il Ministro della Propaganda scriverà nel suo diario: “Qualche saccente ha scoperto che Johann Strauss è ebreo per un ottavo. La cosa non può essere resa pubblica. Innanzitutto non ci sono prove inconfutabili e in secondo luogo io non voglio assistere al progressivo indebolimento della eredità culturale tedesca”.
Le composizioni degli Strauss continuano a costituire il cuore del tradizionale concerto di Capodanno e ovviamente hanno oggi un sapore del tutto diverso, che rimanda piuttosto ai saloni delle feste dell’Austria, ma in quel fatidico 31 dicembre 1939, aveva ben altro significato. In quella notte forse non tutti si accorsero che mancavano alcuni volti noti dell’orchestra: i musicisti ebrei erano stati cacciati l’anno precedente e cinque di loro sarebbero morti a Est, mentre altri due perirono prima ancora di essere deportati. Nove furono costretti all’esilio e altri undici continuarono a vivere sotto la continua minaccia di revoca del loro permesso speciale, accordato in quanto “mezzi ebrei” o “semplici mariti di ebree”. Il 20% degli orchestrali, in quel fatidico primo concerto di Capodanno, era costituito da membri del NSDAP.
Consiglio d’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=zIlfk_Z02jM&spfreload=10
Maria Teresa Milano
(7 gennaio 2016)