Lorenzo Milani
Fresca di questi giorni è la notizia della quasi (visto che dovremo attendere sino a settembre) imminente pubblicazione dell’edizione degli scritti di Don Lorenzo Milani per i Meridiani Mondadori. Per una curiosa coincidenza, proprio al prete di Barbiana pensavo visitando la mostra Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana in corso a Firenze a Palazzo Strozzi, interrogandomi su due temi.
Don Milani è nato da madre ebrea, quindi era ebreo egli stesso, battezzato nell’infanzia nel tentativo di sottrarlo all’antisemitismo di Stato e convertitosi poi ventenne al cattolicesimo, dopo aver iniziato da un paio d’anni a dipingere prima presso l’atelier fiorentino di Hans Joachin Staude, e poi all’Accademia di Brera a Milano. Nel 2013 Palazzo Medici Riccardi a Firenze gli ha dedicato una mostra temporanea, che ha rilevato la correlazione tra Milani giovane artista e Milani sacerdote. Riguardo la sua idea della relazione tra arte e religione, Milani ha citato l’insegnamento del maestro Staude come determinante per la sua vocazione religiosa: il pittore lo aveva esortato ad eliminare i dettagli cercando l’essenzialità, ma a Lorenzo non bastava la ricerca dell’unità nell’opera artistica: la voleva nella vita e nella concezione dei rapporti tra gli esseri umani.
Artisti con vocazione, dunque, ma anche artisti sovversivi esposti in Bellezza Divina, come Edvard Munch con la sua Madonna sensuale ed estatica circondata da una cornice di spermatozoi. Ed artisti ebrei, che pure si sono confrontati con il tema della sacralità cristiana, da Marc Chagall con la celeberrima Crocifissione bianca a Vittorio Corcos presente in mostra con l’Annunciazione. Come può un ebreo ritrarre immagini religiose cristiane, abbiamo discusso tra noi. Forse cercando l’identificazione con se stessi (la Madonna ritratta da Corcos ha le fattezze della figlia e la scena sembra un incontro estivo in una villa della buona borghesia toscana, cosa che del resto vale anche per altri artisti quali Vincent van Gogh, la cui Pietà ritrae un Gesù somigliante all’artista, pochi mesi prima del suicidio). O forse, al contrario, cercando di guardare oltre l’aspetto cristiano per trovarvi un messaggio collettivo: il Gesù di Chagall in croce fasciato dal Talled e circondato da Shtetl in fiamme, sinagoghe profanate e rabbini in fuga con i Sefarim da salvare. Davanti a tutti, un Coen muto e desolato impossibilitato a benedire questa umanità.
Sara Valentina Di Palma
(7 gennaio 2016)