Oltremare – Taglit

danielafubini2È ancora piena stagione Taglit, mi pare chiaro. Costeggiando per lungo Kikar Rabin, il centro alquanto decentrato della vita pubblica telavivese, gli autobus in sosta vietata sono parecchio tollerati, perfino quelli appoggiati proprio davanti alle porte del municipio. Segno che la loro presenza è più importante delle regole del traffico, e degli ingorghi così facili su Ivn Gvirol.
D’altra parte bisogna anche capire, Tel Aviv è piena di simboli e storia recente, ma pochi sono immediati e forti come il luogo dell’assassinio di Rabin. Quindi è diventato normale vedere gruppi di giovani con cappellini o t-shirt unificate, soprattutto americani, che parlano a voce molto alta e si urlano da un gruppo all’altro “da dove?” “Texas!”, “e voi?” “Jersey!” – che sembrano tifosi di calcio particolarmente pacifici in trasferta.
Suppongo che la squadra per cui tengono sia Israele, o comunque lo sarà senz’altro, dopo il giro ipersionista che fanno nei loro dieci giorni canonici. Dopo un viaggio Taglit, se non esci di pura fede biancoblu – una stella e due strisce, hai la corazza davvero dura. Mentre vado al lavoro conto i gruppi già arrivati in piazza, ognuno di una trentina o quarantina di giovani, accampati mentre aspettano di arrivare al retro del municipio, per vedere i segni delle pallottole.
Mi auguro che questi ragazzi facciano visite anche più edificanti, per esempio una passeggiata sulla tayelet a guardare in faccia il mare, o un pomeriggio al Museo d’Arte Contemporanea o a vedere un film israeliano (possibilmente non di guerra), o che vengano portati ad un concerto di Idan Raichel, per dire cose che poi lungo la vita reale, ove decidessero di viverla qui, vale la pena non perdere di vista.
E li lascio lì a fare la faccia seria in Kikar Rabin, a imparare che in questo paese dolore ce n’è da vendere, ma per fortuna quando risalgono sul bus la cosa più importante ritorna ad essere se la ragazzina su cui han messo gli occhi già sul volo intercontinentale si siederà vicina e sorriderà.

Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter @d_fubini

(11 gennaio 2015)