Ratzinger e quel gesto di coerenza
Tra due giorni Bergoglio visiterà il Tempio Maggiore di Roma.
C’è chi sostiene che Bergoglio voglia diventare un vero e proprio “amico” degli ebrei. Io non condivido questa opinione e penso che questo papa sia in bilico fra tendenze opposte in seno alla Chiesa.
Il vero obiettivo sono infatti gli ortodossi, che ha incontrato per tre volte a Gerusalemme e che rappresentano la sfida più significativa per l’unificazione dei cristiani. Una meta comunque difficile e complessa.
Secondo il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, “l’appartenenza religiosa non deve essere motivo di ostilità e conflitto, ma un valore positivo sul quale collaborare”. All’obiezione che la politica vaticana nei confronti dello Stato di Israele resta uno scoglio per il dialogo, il rabbino capo ha detto che “certe scelte vaticane sollevano discussioni e perplessità nel pubblico ebraico”.
Indubbiamente negli ultimi anni si può registrare un miglioramento netto delle relazioni fra Stato di Israele e Vaticano. Le relazioni sono generalmente discrete, sebbene la politica vaticana non si preoccupi della equidistanza. Recentemente ne ha dato prova nei confronti di Abu Mazen, trattato con i guanti bianchi, senza nessuna contropartita per Israele.
Si è molto parlato in questi ultimi tempi dei 50 anni di “Nostra Aetate”. Una modesta riflessione avrebbe portato alla conclusione che questo è l’unico passo significativo compiuto in 2000 anni dalla Chiesa per una piccola apertura verso gli ebrei.
Anche se siamo alla vigilia della visita di Bergoglio, non posso fare a meno di ricordare con affetto il suo predecessore, Ratzinger. Nella sua Trilogia su Gesù, egli scrisse: “Matteo sicuramente non esprime un fatto storico: come avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e chiedere la morte di Gesù? ”. La “realtà storica”, ha scritto, è quella dei Vangeli di Marco e Giovanni; a chiedere la morte di Gesù non fu “tutto il popolo”, come dice Matteo, ma i seguaci di Barabba designati dal termine greco ochlos (la “folla” dei sostenitori accorsi) e l’aristocrazia del tempio, senza nessun “carattere razzista”. E del resto israeliti erano lo stesso Gesù, tutti i suoi discepoli e la “intera comunità primitiva”.
Sergio Minerbi
(15 gennaio 2016)