…Iran

Il Quotidiano Nazionale del 4 gennaio ha pubblicato questo scambio fra il giornalista Lorenzo Bianchi e il sottoscritto:

Sembra che Riad si senta isolata. Di sicuro non ha gradito che gli ayatollah siano riusciti a portare a casa l’accordo sul loro programma nucleare.
“Già. Un patto grottesco. I controlli vengono affidati all’Iran. È come mettere il gatto a vigilare la gabbia del canarino lasciando la porticina aperta. Teheran controlla le sue capacità tecnologiche e la velocità dei progressi nucleari. In un’intesa di macropolitica a sorpresa vengono tolte le sanzioni a 4 o 5 individui. Uno è il generale Qasem Soleimani, capo delle unità di elite al Quds dei Pasdaran. Non capisco: si ricrea una verginità per persone come queste? L’Occidente ha capitolato”.
Per quale motivo?
“C’era un grande appetito per un paniere di buoni affari e di commerci con l’Iran, un grosso mercato. L’ex presidente del consiglio italiano Massimo D’Alema anni fa ebbe occasione di dichiarare quanto incidevano sul Pil”.
Una scelta impervia fra i valori dell’Occidente e il fascino del business?
“Ma l’Iran è e resta un pericolo reale per Israele e per i suoi alleati”.

Sarà un caso fortuito, ma intervistato da Aldo Cazzullo l’11 gennaio sul Corriere della Sera, Massimo D’Alema sembra raccogliere il guanto della sfida.
Le alleanze in Medio Oriente sembrano essersi capovolte. I nemici di ieri sono diventati nostri alleati. A cominciare dall’Iran.
“Era sbagliato l’ostracismo verso l’Iran. Ed è divenuto insostenibilmente sbagliato con il passaggio dal conservatore Ahmadinejad al riformista Rohani. L’ostracismo era dettato non dagli interessi dell’Occidente, ma da quelli dei due alleati dell’Occidente: Arabia Saudita e Israele. I quali più che alleati si sono rivelati due problemi”.
Lei nel 2006 fu molto criticato per la sua passeggiata a Beirut sottobraccio a un deputato di Hezbollah.
“Spesso in Italia prevale l’ignoranza dei trogloditi che non sanno di cosa si parli. Hezbollah rappresenta una parte significativa della società libanese. All’epoca faceva parte della coalizione di governo: il ministro degli esteri era un accademico islamico espressione di Hezbollah. Siccome io lavoravo per la pace tra Israele e Libano, era inevitabile che incontrassi anche le forze che governavano il Libano. Il mio fu in gesto di solidarietà umana giusto e apprezzato, che contribuí a garantire la sicurezza dei nostri militari poi schierati sul confine. Come i gesti che compii dall’altra parte, visitando i familiari di soldati israeliani rapiti. Citai una felice espressione di Andreotti: l’equivicinanza. In Italia mi presero in giro”.
E continua D’Alema: “La comunità internazionale accetta il doppio standard: Israele non rispetta gli impegni internazionali, viola le risoluzioni dell’ONU. Questo alimenta nel mondo arabo l’odio verso l’Occidente. Usa e Europa dovrebbero smetterla di avere nella regione alleati privilegiati, ai cui interessi finiscono per essere sacrificati gli interessi della stabilità della pace. Noi abbiamo bisogno di un equilibrio fra i diversi Stati e di una convivenza basata sul rispetto dei diritti umani e dei principi del diritto internazionale”.
Per D’Alema quest’ultimo è evidentemente un profilo molto preciso del regime iraniano. E poi questo voler far dipendere da Israele tutti i mali del mondo, e definire lo stato come “un problema”, esemplifica invece semmai un ossessivo, viscerale preconcetto al limite della propaganda anti-israeliana. Se in Italia presero in giro Massimo D’Alema per la sua uscita a braccetto, in Israele il suo gesto suscitò profondo disgusto. Il bombardamento di Beirut era avvenuto in risposta al rapimento e all’uccisione di due soldati israeliani in territorio israeliano. L’invenzione dialettica dell’equivicinanza – che D’Alema riesuma dalla tomba di Giulio Andreotti – è fra gli aggressori e gli aggrediti, fra il lupo mannaro e la nonna di Cappuccetto Rosso. L’equivicinanza dimostra cinica manipolazione di ogni principio morale, schiavitù del fascino del profitto, e un doppio standard: il suo. Massimo D’Alema non è certo un antisemita, ma lui come certi altri politici, accademici e pubblicisti in Italia e all’estero – vedi la ministra degli esteri svedese Margot Wallström – sono gli utili compagni di viaggio degli antisemiti.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(14 gennaio 2016)