Time out
Il dilemma nazionale

daniel funaroCome racconta la Gazzetta dello Sport, El Hilali è un giocatore delle giovanili del Milan. Nato in Italia da papà marocchino e mamma italiana, dopo aver fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili con l’Italia, oggi, al compimento dei diciotto anni, non sa quale nazionale scegliere tra Italia e Marocco. Bisogna spiegare che fino a che non si diventa maggiorenni un calciatore può giocare per una nazionale senza che questo lo vincoli per sempre. Dopo i diciotto anni, invece, basta un minuto con una nazionale per non poter più giocare con nessuna altra nazionale per il resto della sua carriera. La Figc, indispettita da questo e da altri casi, ha scelto la linea dura dichiarando che non ci possono essere dubbi e che, chi rifiuta la chiamata, è fuori dalla nazionale italiana per sempre.
Una sorta di nazionalismo calcistico che apre questioni ben più grandi. La prima: perché un ragazzo nato e cresciuto in Italia non dovrebbe scegliere di rappresentare il nostro paese? Può sembrare banale, ma per quello che molti di noi hanno più volte affermato, che un ragazzo nato e cresciuto in Italia è italiano, il fatto che un ragazzo rifiuti la maglia azzurra, potrebbe aprire un interrogativo importante sull’effettiva integrazione di questi ragazzi. Insomma, al tempo della generazione Balotelli, avremmo voluto che questi ragazzi si sentissero orgogliosi della maglia azzurra. Forse è così e non ci dovrebbero essere dubbi, ma va spiegato che nonostante la giovane età, questi ragazzi sono coscienti che non tutti diventeranno Totti o Del Piero e che pertanto la loro scelta li vincolerà per tutta la vita. Sanno che forse diventeranno abbastanza forti per giocare con il Marocco, ma non con l’Italia e che pertanto è più conveniente aspettare piuttosto che perdere l’occasione di giocare incontri internazionali nella loro carriera. Per questo invece che fare di queste vicende una questione identitaria le federazioni sportive dovrebbero capire che non c’è nulla di male nel pensare al meglio della propria carriera, come qualsiasi professionista che si rispetti.

Daniel Funaro

(14 gennaio 2016)