“Molto calore, poca sostanza”
“Non posso dire di essere rimasto deluso, perché in genere non mi creo aspettative, ma mi sembra che il discorso di Bergoglio in sinagoga sia stato uno dei meno entusiasmanti che gli ho sentito pronunciare”. Questa l’impressione
a caldo di Sergio Minerbi, diplomatico, scrittore, considerato fra i massimi esperti delle relazioni fra Israele e il Vaticano, in visita del pontefice al Tempio Maggiore di Roma. “Non si può dire che la sua presenza sia stata una novità assoluta – sottolinea Minerbi – visto che prima di lui già altri due pontefici avevano varcato la stessa soglia, Wojtyla e Ratzinger”. La differenza si è vista soprattutto nel cerimoniale e per il diplomatico è sicuramente da interpretare come un segnale positivo il modo con cui Bergoglio si è soffermato a salutare le persone all’interno del Tempio. I contenuti invece non hanno lasciato una grande impronta, secondo Minerbi, già ambasciatore di Israele a Bruxelles. “Mi è sembrato un discorso di intermezzo. Il no all’antisemitismo, la definizione di fratelli e sorelle maggiori, il no alla violenza tra religioni, è tutto giusto ma è tutto già sentito e conosciuto”. “Forse lo sbaglio è il nostro che da lui ci aspettiamo grandi e roboanti affermazioni”.
“Se devo comparare, in ogni caso, la sua presenza al Tempio Maggiore con la visita a Cuba, allora in quest’ultima sì che c’era qualcosa di fuori dall’ordinario”.
“Se devo comparare, in ogni caso, la sua presenza al Tempio Maggiore con la visita a Cuba, allora in quest’ultima sì che c’era qualcosa di fuori dall’ordinario”. “C’è chi sostiene che Bergoglio voglia diventare un vero e proprio “amico” degli ebrei – aveva scritto Minerbi in un pezzo pubblicato sul Portale dell’ebraismo italiano moked.it alla vigilia della visita del 17 gennaio – Io non condivido questa opinione e penso che questo papa sia in bilico fra tendenze opposte in seno alla Chiesa. Il vero obiettivo sono infatti gli ortodossi, che ha incontrato per tre volte a Gerusalemme e che rappresentano la sfida più significativa per l’unificazione dei cristiani. Una meta comunque difficile e complessa”. L’auspicio del diplomatico, guardando i rapporti tra cristiani ed ebrei, è quello che si vada oltre a quelle che definisce “formule di cortesia”.
“Vogliamo sperare che al di là delle formalità si crei una vera familiarità. – afferma – Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni è certamente molto adatto a rilanciare il modello della convivenza pacifica fra le due religioni, ognuna delle quali si sforzi a rispettare la religiosità dell’altro. Per rav Di Segni il popolo ebraico è il popolo di Dio ed è normale che ci siano relazioni diplomatiche regolari fra i due popoli”.
da Pagine Ebraiche, febbraio 2016
(18 gennaio 2016)