Il groviglio del Mein Kampf
Quanto conta un libro? Al giorno d’oggi, poco. Ma se parliamo del Mein Kampf, il manifesto nazista di Adolf Hitler, la questione diventa decisamente più complessa. In Germania è terminata in poche ore la nuova edizione critica del testo, curata dall’Istituto di Storia di Monaco. Un’iniziativa da subito criticata, resasi necessaria poiché da quest’anno i diritti del libro sono liberi (finora appartenevano allo Stato di Baviera). In altre parole, chiunque può pubblicare il testo in Germania a meno che una nuova legge lo vieti.
Le organizzazioni ebraiche si sono immediatamente dichiarate contrarie, e Ronald Lauder, presidente del Congresso ebraico mondiale, ha affermato che il Mein Kampf andrebbe lasciato dove merita di stare, nel “gabinetto della storia”. Chi ha difeso l’operazione, invece, non lo ha fatto per condividere le tesi del libro, che rimangono ripugnanti, ma sostenendo che la diffusione clandestina sia più rischiosa di quella controllata e che l’edizione commentata possa essere utile sul piano pedagogico più dell’oblio auspicato.
Se vogliamo, questa riflessione ricorda quella sull’opportunità di istituire il reato di negazionismo. Perché è vero che i gruppi neo-nazisti e antisemiti sono ben felici di proliferare nei “gabinetti della storia” schermati dalla retorica dei “vincitori che scrivono la Storia”, e che il divieto acuisce il desiderio. Però, trattandosi del Mein Kampf, anche io credo che sia sbagliato ripubblicarlo. Resta forse un ragionamento da fare, alla base di tutto: nella Germania nel 2016 quattro mila persone corrono in libreria ad acquistare la nuova edizione a 59 euro, e altrettanto faranno con le prossime ristampe; pare che alcune copie siano già state rivendute su Ebay per dieci mila euro; nel 2005, in Turchia, una unica edizione fu un enorme successo editoriale; un sacco di copie vengono vendute in Iran, nei paesi arabi, persino in Brasile. Questi dati spaventano e impressionano, mentre ci apprestiamo a celebrare il Giorno della Memoria.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(19 gennaio 2016)