Zie e Lettori
Al mondo ci sono più zie che lettori, il libro di Peter Bichsel, fuori catalogo in Italia – ma se cercate troverete – mi torna spesso presente. Tutte le volte che ho l’impressione di essere uno che pretende di imporre il proprio univoco punto di vista – come fanno le Zie di Bichsel – il Lettore che è in me si ribella e riafferma il diritto, il dovere, la responsabilità di respingere l’attacco, e di pensare da sé. Le Zie però, ultimamente, oltre che sempre di più, sono piuttosto confuse, e i Lettori sempre meno, ma confusi anche di più. Ricordate quella decalcomania che appariva sui lunotti delle 128, o delle Fiesta: “Non seguitemi – Mi sono perso anche io”? Ho l’impressione che sia il titolo del programma che stiamo vedendo, e interpretando, quasi tutti, oggi.
Sull’orlo del precipizio è il titolo di due romanzi: il primo, del celeberrimo quanto immaginario scrittore italiano Giorgio Volpe, non lo leggerete mai; il secondo, del famoso scrittore italiano Antonio Manzini, potreste pure, ma ne potreste anche far a meno, e senza troppi rimpianti.
Ha coraggio, (o è impudenza, o imprudenza, addirittura?) il creatore del Commissario Rocco Schiavone – riluttante quanto efficace protagonista di quattro libri di successo ( “prossimamente su questa rete!”) ,tutti editi da Sellerio come questo, di poche pagine e molte pretese: ha deciso di misurarsi con la parodia, e facendo il solletico all’apocalisse, per di più. Immagina, titillando il lato catastrofista di tutti noi – che amiamo far finta di aver paura fino a che non abbiamo paura per davvero – un futuro nel quale i libri saranno tutti pubblicati dalla stessa Casa Editrice, saranno scritti da editor servili e stupidi, e non più da liberi scrittori coraggiosi, et cetera. Ma pensa – diranno i più sensibili e pronti – ma è già così! E si sentiranno migliori, più intelligenti, più indipendenti: ah, il calore che emana da una sana e quotidiana indignazione, e scalda quasi quanto la sana e consapevole libidine di cui già cantava Zucchero.
Intendiamoci, la materia per scrivere un piccolo libro di valore, c’era. La questione del pensiero unico – delle Zie, insomma, e dei Lettori – c’è, eccome! Solo che, o sei un Alan Bennett – e la dea dell’ironia ti guida la mano destra mentre quella della leggerezza muove quella sinistra – o rischi di non saper governare la materia cui hai deciso di dar forma. Perché, se è vero che lo stile scaturisce dall’argomento trattato (lo ha scritto Flaubert, e anche tal Aristotele si era già espresso, poco prima), è altrettanto vero che ogni grande tema ha bisogno della sua forma adatta: se l’artista la manca, beh, manca lo stile, e allora non c’è materia che tenga, scriverai un libro sbagliato. Per dirla con meno parole, ricorro al Comma 22 (ah, che libro quel libro, che film quel film!) del Regolamento della Letteratura Secondo Valerio Fiandra: puoi anche provare a scrivere d’amore, o di guerra, o delle immense ingiustizie planetarie, ma questo soltanto non ti rende un grande scrittore, e ci vuole un grande scrittore per scrivere d’amore, di guerra o delle immense ingiustizie planetarie.
Ecco. Questo è il momento giusto per chiedere al Lettore che è in me di uccidere la Zia che ha scritto fin qua. E di invitar voi a leggere Sull’orlo del precipizio, e solo dopo decidere se, stavolta, la Zia aveva ragione.
Valerio Fiandra
(21 gennaio 2016)