Primo Levi, pensiero e complessità in mostra
Dal 24 gennaio al 21 febbraio Ferrara e il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah ospitano al Castello Estense la mostra itinerante “I mondi di Primo Levi”.
Una strenua chiarezza, promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Al centro della mostra, gli svariati mondi esplorati dal poliedrico intellettuale torinese: quello del campo di sterminio; quello della scrittura; quello della chimica; quello delle altre scienze esatte; quello del lavoro, cui dedicò un libro straordinario come La chiave a stella.
“Una mostra pensata per viaggiare, per essere itinerante e per arrivare, con un linguaggio che deve essere necessariamente diverso da quello della letteratura, ai visitatori che muovendosi in un luogo fisico avranno delle esperienze reali, e – auspicabilmente – arriveranno a provare delle emozioni”.
Così il curatore Peppino Ortoleva raccontava in febbraio a Pagine Ebraiche la mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua chiarezza”, realizzata insieme a Fabio Levi, direttore del Centro Primo Levi di Torino.
Da lì, più precisamente da Palazzo Madama (nell’immagine l’allestimento torinese), la mostra approda adesso a Ferrara, dove rimarrà dal 24 gennaio al 21 febbraio al Castello Estense. E a pochi chilometri di distanza, al Museo ebraico di Bologna le si aggiunge un capitolo dedicato a un particolare anno della vita di Levi, con un’altra mostra a lui dedicata dal titolo “1961 Bologna – I mondi di Primo Levi” (24 gennaio – 6 marzo). In quel periodo l’intellettuale e scrittore fu infatti invitato a Bologna per un ciclo di lezioni sul nazismo e le leggi razziste, con Giorgio Bassani, Giulio Supino, Enzo Enriques Agnoletti e Piero Caleffi, mentre usciva la sua testimonianza per Eichmann con il processo in corso.
“I mondi di Primo Levi” è una mostra che viaggia, ma anche una mostra che fa viaggiare. Nel suo percorso dall’articolazione molto fisica si cammina in tunnel bui, si inciampa in oggetti appoggiati quasi disordinatamente sul tavolo del laboratorio di Levi, e si passa attraverso vere e proprie tappe che coinvolgono davvero il visitatore, il quale si trasforma un po’ in un esploratore.
Sono dunque sei le tappe della mostra, e attraverso illustrazioni inedite, videoinstallazioni, oggetti d’epoca, sculture, audiovisivi, pannelli esplicativi, ed esperienze di realtà aumentata, si descrivono la vita e le vite di Primo Levi, che si viene a conoscere passo passo come caposaldo della letteratura italiana e come testimone della Shoah, come scienziato meticoloso e come fantasioso artista, come studioso inesauribilmente curioso dell’animo umano e come analista attento di un mondo già moderno. Il senso di una mostra su Primo Levi, spiegano i curatori, non sta nel raccontare con altre parole quello che il grande scrittore ha saputo così bene narrare con le sue, ma nell’usare l’arte del suo Faussone – il protagonista de La chiave a stella a cui è dedicata l’ultima sezione della mostra.
“Primo Levi ha scritto anche un grande libro sulla globalizzazione, e stiamo parlando del 1976!”, esclamava Ortoleva. “La chiave a stella – spiegava – è un vero e proprio giro del mondo il cui personaggio, Tino Faussone, racconta le sue sue avventure come montatore di gru, strutture metalliche, ponti sospesi, impianti petroliferi…”. Come lui dunque i curatori hanno usato l’arte del montaggio, “per mettere insieme linguaggi diversi, fatti di opere artistiche e di video, di documenti e ancora di parole, incluse quelle che arrivano dalla voce stessa, limpida e inconfondibile, dello scrittore, per condurre il visitatore a incontrare i tanti mondi di Levi e farne il periplo”.
Tutto inizia da un atomo, nella mostra così come nella realtà. È infatti il Carbonio il protagonista della prima tappa, e anche il titolo l’ultimo racconto de Il sistema periodico, pubblicato nel 1975 ma già immaginato da Levi al tempo della prigionia ad Auschwitz, uno dei suoi primi sogni letterari che già riunisce in sé alcuni di quei vari mondi.
Vi si descrive il viaggio avventuroso di un atomo di carbonio nel corso dei millenni e nello spazio, protagonista della nascita e dello sviluppo della vita sulla terra.
Si passa così proprio alla parte dedicata al viaggio verso il nulla e allo stesso tempo al cammino verso casa, in cui il visitatore conosce il campo di sterminio passando attraverso un tunnel, dove sono solo le parole di Levi ad illuminare la realtà di Auschwitz.
Una parte della sua vita strettamente legata all’attività di scrittore che affrontando ogni genere letterario – dal racconto al romanzo, dalla poesia al saggio – non rinuncia mai alla ricerca di quella “strenua chiarezza” che dà il titolo a tutta l’esposizione.
Ma Levi “cuciva” insieme, per usare l’espressione dei curatori, non solo parole ma anche molecole. A illustrare la sua attività di chimico è dunque una quarta sezione della mostra con la riproduzione scenografica e colorata di ben due tavole degli elementi, quella presente nell’Istituto di Chimica dove Levi studiò negli anni ’40, e di fronte quella entro cui lo scrittore ha voluto inscrivere i passaggi fondamentali della sua vita e del suo mestiere di chimico quando ha scritto Il sistema periodico, accanto agli oggetti multiformi e brillanti del tavolo del suo laboratorio.
Un tavolo seduto al quale Levi qualche volta si trasformava anche in un artista. Quando lavorava all’industria di vernici Siva aveva per lo più a che fare con il filo smaltato di rame, e di quello erano fatte le sculture, prevalentemente di animali, come la grande farfalla esposta, che amava regalare a parenti e amici. E così si viene a conoscenza di ogni parte della personalità di Levi, anche di quelle meno note. Ma di certo non meno rilevanti. “Spesso – diceva infatti – credo di pensare più con le mani che con il cervello”.
Francesca Matalon
Pagine Ebraiche, febbraio 2016
(22 gennaio 2016)